Il Mio Momento Arriverà.
Sono le dieci e mezza di sera e sto camminando veloce. Io cammino sempre veloce, a parte in quelle rare occasioni in cui sono sciallatissimo. Ma devo essere sciallato ai livelli storici, perchè altrimenti la mia andatura è sempre sostenuta. Quando poi la testa è pesante ed il cuore pulsa negatività, allora i passi sono ancora più veloci.
Cammina cammina, ed ecco che torno in zona. Non sono andato lontano, ma in fin dei conti in mezz'ora di strada ne ho fatta. Ne avevo bisogno. Arrivo in quartiere e noto laggiù in fondo un po' di gente al parchetto. Quel parchetto nel quale non metto piede da chissà quanto tempo.
Tiro dritto, è buio e non ci sarà nessuno che conosco. Però i ricordi...
I ricordi mi assalgono subito. Era l'estate del 1999, i miei diciott'anni. Qui a Milano con l'allegra combriccola formata dagli amici del cortile, che nessuno s'era fatto un giorno di mare quell'estate: una casualità che aveva reso agosto un po' meno deprimente. Eravamo tutti sulla stessa barca, in fin dei conti. Ferma in porto, ma pur sempre una barca.
Si discuteva, si cazzeggiava, si festeggiavano i vari compleanni, alla bell'e meglio ma con tanto cuore. PJ, poi Joe, poi Dieguito, tutti maggiorenni quell'estate. Una pizza, una partita a bowling, una a freccette in Cambusa, niente cellulari nè storie malate di donne o droga o chissà che.
Guardo le panchine e l'altalena, rivivo quei momenti e quelle sensazioni ormai perdute. Ripercorro in un secondo la strada fatta in otto anni, ma in realtà mi inganno, perchè vedo solo il punto di partenza e quello, ahimè, di arrivo. Perchè sento davvero di essere arrivato da qualche parte. E proprio stasera.
C'è e ci sarà ancora tanto da smaltire, da metabolizzare. Tanti chilometri da percorrere col mio passo leggero e spedito, con la mia andatura sempre troppo caracollante e tabbozza.
Cercherò di mantenere questa convinzione: in certe storie l'ultimo capitolo cancella tutti i precedenti. Forse questa sera
riuscirò anche a piangere
che è da troppo tempo ormai che mi porto dietro questo magone, e sta diventando insostenibile.
Cammina cammina, ed ecco che torno in zona. Non sono andato lontano, ma in fin dei conti in mezz'ora di strada ne ho fatta. Ne avevo bisogno. Arrivo in quartiere e noto laggiù in fondo un po' di gente al parchetto. Quel parchetto nel quale non metto piede da chissà quanto tempo.
Tiro dritto, è buio e non ci sarà nessuno che conosco. Però i ricordi...
I ricordi mi assalgono subito. Era l'estate del 1999, i miei diciott'anni. Qui a Milano con l'allegra combriccola formata dagli amici del cortile, che nessuno s'era fatto un giorno di mare quell'estate: una casualità che aveva reso agosto un po' meno deprimente. Eravamo tutti sulla stessa barca, in fin dei conti. Ferma in porto, ma pur sempre una barca.
Si discuteva, si cazzeggiava, si festeggiavano i vari compleanni, alla bell'e meglio ma con tanto cuore. PJ, poi Joe, poi Dieguito, tutti maggiorenni quell'estate. Una pizza, una partita a bowling, una a freccette in Cambusa, niente cellulari nè storie malate di donne o droga o chissà che.
Guardo le panchine e l'altalena, rivivo quei momenti e quelle sensazioni ormai perdute. Ripercorro in un secondo la strada fatta in otto anni, ma in realtà mi inganno, perchè vedo solo il punto di partenza e quello, ahimè, di arrivo. Perchè sento davvero di essere arrivato da qualche parte. E proprio stasera.
C'è e ci sarà ancora tanto da smaltire, da metabolizzare. Tanti chilometri da percorrere col mio passo leggero e spedito, con la mia andatura sempre troppo caracollante e tabbozza.
Cercherò di mantenere questa convinzione: in certe storie l'ultimo capitolo cancella tutti i precedenti. Forse questa sera
riuscirò anche a piangere
che è da troppo tempo ormai che mi porto dietro questo magone, e sta diventando insostenibile.
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