BREATHING UNDERWATER

ultimo giro di bevute. il bar sta chiudendo, il sole se ne va. dove andiamo per colazione? non troppo lontano. sono stanco amore. sono stanco.

martedì, marzo 20, 2018

Somigliava A Un Amore Sciagurato.

20 marzo. Un sogno si fa vivo con prepotenza. E' il ricordo di un sogno, è un'esemplare, gigantesca, labirintica dissonanza cognitiva. E' un non-sogno che tornava sempre uguale, e che da un po' di tempo non torna più, potrei dire con precisione da quanto. E' un sogno esorcizzato, temuto, raccontato in segretezza davanti al bancone di un bar. Un sogno che non c'era e non ci sarà più. Sono due sogni in realtà, uno massiccio, terrificante, ad occhi chiusi, l'altro invisibile ed etereo, svanito ad occhi aperti. La Primavera mi porta questo. 20 marzo. Arrivo presto al Dundas, è un sabato sera, e mi godo l'atmosfera, il locale praticamente deserto, i colori inusuali del tardo pomeriggio, quando le giornate si allungano e non siamo abituati alla luce. La calma al Dundas è sempre apparente, è inaffidabile e pretestuosa, ingannevole e fugace. La mia calma si infrange praticamente da subito, ma sono complice nello stravolgere i miei piani; andiamo a festeggiare il compleanno di CartEight tanto poi torniamo. Così è. Non so se ci siamo già detti tutto, a parole probabilmente no, ma chi lo sa quando ci siamo innamorati. E' stato qualche mese fa?, è stato un anno fa?, è stato tra un mese forse, quando mi sono confessato alla pompa di benzina, quando Le ho dato l'unica chiave di lettura che veramente Le mancava; non ci siamo detti tutto ma ci stiamo innamorando, e in questo momento epocale le avventure ci inseguono, avanti e indietro dal Dundas, su e giù per l'Impero, dentro e fuori dalla pista da ballo, siamo assenti per il resto dell'universo perciò sì, siamo innamorati e in fondo ancora non lo sappiamo, o non vogliamo ammetterlo. E ormai è ora di andare a dormire ma è troppo tardi, Dodo, il Patatone e i gol del Barcellona ci fanno compagnia fino al mattino. Tempo di dormire, ma troppo poco per riposare veramente o per... sognare. Questo non è l'inizio di noi due ma di noi due ha tanto; perfino quell'ombra, quel profilo oscuro che non ho mai voluto nascondere, perlomeno a te. Così rifletto su questo 20 marzo ormai così lontano, e su ciò che ne è derivato, e su ciò che è stato di me, di te, di noi. Il sogno si è avverato, il sogno si è esaurito, il sogno si è scontrato contro le mie fragilità indistruttibili. C'era un altro sogno ricorrente, nella mia vita; somigliava a un amore sciagurato e aveva gli occhi di demone.

Un demone che non tornerà più. E sorrido perchè non so dire se l'ho spazzato via io, o se invece sei stata tu.

domenica, marzo 18, 2018

I Colori Che Verranno.

Ogni tanto apro gli occhi, può capitare anche questo; mi affaccio alla finestrella del bagno (non è una novità, in effetti) e cerco ispirazione, memoria, suoni e odori conosciuti, idoli dell'infanzia, contatti con l'universo invisibile. Così l'asfalto e l'erba bagnata fanno il loro mestiere, e rimango imbambolato per un paio di minuti, giusto il tempo di gelare la stanza; è ora di chiudere la finestra, e fermare così i pensieri e i viaggi che si stavano compiendo. Meglio non dare troppo spazio a certe sensazioni, a certi voli pindarici senza ali nè meta.

Qualcosa resta lo stesso ed il bello è soprattutto questo; resistere alla tentazione di crogiolarsi in questa amara nostalgia, e poi abbandonarsi all'improvviso come premio per le fatiche sostenute. E intanto il tempo macina giorni e settimane e mesi e scopro verità impensabili, sulla vita, sull'amore, perfino sulla mia persona, verità che pure sono sempre state davanti ai miei occhi e non ho mai, mai, mai voluto andare a guardare da vicino. Il Bagnino mi sopporta e mi supporta senza mai scomporsi, forse fa fatica anche lui ma non lo dà mai a vedere, si gode lo spettacolo che insceniamo convinto di sapere cosa succederà nel prossimo atto; io tremo ad ogni cambio di scena, ma è carattere in fin dei conti. Seduti al Temakinho abbiamo troppo tempo per parlare
 e mi scompongo solo sul finale, dopo tre sakerinha e quei roll con dentro la fragola che mi hanno impastato la bocca.

Mi scompongo ma non mi disunisco, mi scompongo com'è giusto che sia ma non mi disunisco; sto imparando, finalmente? Meglio non cantar vittoria. Mentre salgo le scale a Sant'Agostino il vento mi porta un assaggio di primavera, allora penso ai colori che verranno e non ho paura di affrontarli.


Approfitto del momento di spavalderia e chiedo al Bagnino, e alla Sylvie, se sanno dirmi chi sono io veramente, perchè ho paura di averlo dimenticato; le loro risposte arrivano dirette, veloci, affilate, potenti, non lasciano scampo nè spazio alle interpretazioni; sono parole e immagini che chiudono definitivamente un capitolo.
Grazie a quelle risposte, io ora sono in piedi.

Dopo sette mesi passati strisciando, direi che non è poco.