BREATHING UNDERWATER

ultimo giro di bevute. il bar sta chiudendo, il sole se ne va. dove andiamo per colazione? non troppo lontano. sono stanco amore. sono stanco.

sabato, maggio 20, 2006

Stupisciti, Joe.

Stamattina. Mi alzo alle nove e mezza, ho dormito pochissimo cazzo, ed ora eccomi immerso nei miei pensieri. Vago per la casa, non riesco a stare seduto, bevo un po' d'acqua. Mi sono svegliato con la solita tachicardia ed ora l'inquietudine sale, non mi ricordo bene cos'ho scritto nell'ultimo messaggino che ho inviato ieri notte. Inquietudine.
Pensieri su pensieri. Mi torna in mente una partita che ho giocato nel 2002. Fuori casa contro il Gaggiano, noi gagliardi, loro forti. Andiamo in vantaggio presto e loro ci attaccano, ma noi resistiamo. Il campo è grande, c'è da correre. Alla fine del primo tempo, come al solito, mi avvicino al mister e gli spiego: "non ne ho ancora per molto". Ok mi fa lui, dai tutto in questo inizio di ripresa e poi ti faccio uscire.
E così faccio.
Non ne ho già più quando rientro in campo, eppure come l'arbitro fischia l'inizio, le gambe cominciano a girare da sole. Sono concentratissimo, spacco il culo a chiunque passi nella mia zona, contrasto, salto, corro a destra e a sinistra. So di non averne ancora per molto allora do tutto, do ancora di più. Mi butto, da buon centrocampista offensivo, in tutti i contropiedi. Devo dare tutto. In panchina vedo del movimento, stanno facendo scaldare un compagno, tra poco sarò fuori e potrò riprendere fiato.
Mi butto ancora in avanti un paio di volte, è incredibile come io possa ancora correre, il cervello mi sta dicendo che devo fermarmi. Vedo che il cambio è pronto, appena la palla esce ho finito. Potrò respirare. Questo quarto d'ora mi ha ammazzato. Mi sono ammazzato. Uscirò soddisfatto.
Invece no. Proprio prima che finisca l'azione, TAC, il centrocampista che gioca di fianco a me si fa male. Cazzo che botta. Caviglia, caviglia, è una distorsione. Cazzo cazzo cazzo, Patrick s'è fatto male, poraccio... ed esce lui. Non ci sono molte alternative in panchina. Manca mezz'ora alla fine della partita ed io devo rimanere in campo, porca puttana. Guardo il mister, mi chiede di stringere i denti. Posso farlo, penso. Stringerò i denti. Ma come vado avanti se non mi fermo a respirare?
Non so come, ma dovrò resistere fino alla fine. So di essere più stanco che mai, eppure ormai non sento più la fatica. Continuo a recuperare palloni, a lanciarmi in attacco, a mordere caviglie. Passano i minuti ed il mister non ha intenzione di cambiare niente. Quando all'85esimo mi vengono i crampi, chiedo il cambio ma devo comunque stare in campo altri cinque minuti. Esco al novantesimo, resto in panchina sfinito a soffrire per gli ultimi tre minuti. Interminabili ed intensissimi. La partita finisce, abbiamo vinto, cazzo un 1-0 così tirato è una goduria.
Torno a casa e penso a quello che ho fatto. E ci ripenso ancora, ogni tanto, come stamattina.
Pensavo di avere già dato tutto; era il momento di uscire dalla partita. La necessità mi ha aperto gli occhi, invece. Ero in grado di correre ancora, potevo essere utile alla mia squadra ancora per molto tempo. Mi stavo ingannando da solo. Avevo voglia di respirare... o forse era solo un'impressione?
E' incredibile come ci si possa stupire da soli. Mi chiedo ancora adesso cosa sia successo veramente, come possa essere accaduto. Quanto ancora avevo da dare, quanto ho dato proprio nel momento in cui pensavo di non avere più niente.
Penso e ripenso e strapenso, chissà quante volte mi sono ingannato nella vita... chissà quante volte mi sono fermato dopo un'ora, e non sono arrivato a un'ora e mezza.
Mi sono svegliato stamattina ed avevo voglia di respirare. Ma non lo farò. Mi butterò in un altro contropiede, chissà che non sia quello decisivo. Non risparmierò le forze per tornare indietro, no no. Tanto non sento più la fatica.
Alla fine respirerò ancora.

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