Joe Rokocoko vs Luna
Arrivo all'appuntamento in ritardo, appena docciato e bello come il cielo di settembre, perchè se settembre è il mese più bello dell'anno, ed il cielo di Milano è il più bello del mondo dopo quello di Tokyo, il cielo milanese settembrino non ha davvero paragoni; sono in ritardo e sto arrivando, manco a dirlo, dall'Orion Square Garden Paradise Circus, quel luogo mitico e mistico di redenzione sentimental-calcistica. Ho fatto il primo allenamento con i miei nuovi "ragazzi", diciotto fenomeni nati nel 2000 e 2001. Chiaramente ho già trovato i miei pupilli: a parte il fantastico Lolli, classe 2000, gran talento nel palleggio che seguo già dall'anno scorso, nella partitella finale mi sono esaltato per le prodezze di due nanetti del 2001. C'è ancora parecchio da lavorare, ma ci divertiremo.
Stavolta, se mai c'è stata un'altra volta, quello in bici non sono io. Mi sorride, legge la scritta sulla mia maglietta ("reality: that allucination caused by an acute lack of alcohol", sembra fatto apposta), inizia a parlare, mi spiega tutto quanto. Non c'è bisogno di troppe parole. E' vero, non mi aspettavo questo discorso e questa decisione. Non così, non dopo le ultime occasioni in cui ci eravamo visti. Ma la sua determinazione nel volermi vedere era decisamente sospetta. Lo scambio pomeridiano di sms mi aveva lasciato quel misto di stupore e ansia... ma in fin dei conti sono arrivato all'appuntamento con l'idea di farmi un mini-aperitive in tranquillità.
No, non ci sarà nessun aperitivo.
Mi parla e, per la milionesima volta, dietro ogni suo gesto rivedo un altro viso, un'altra persona, un'altra storia (lunga mille anni). Mentre si auto-accusa di superficialità ed egoismo ripenso a quell'incontro fortuito fuori dalla Partipilo e mi chiedo se non abbia avuto il suo peso; nei suoi occhi vedo riflesso il diavolo e, ahimè, posso capire perchè lei mi veda così. Non lo condivido, certo, ma lo capisco. Il solito vecchio Joe.
Ancora una volta, se mai c'è stata una volta precedente, rimango senza parole nel constatare che gli errori e le incongruenze sono stati più pesanti sulle altre persone che su di me; sarà che queste robuste spalle rubate all'agricoltura e al canottaggio (dannato Bagnino, è sempre colpa tua) sono abituate a ben peggio, sarà quel che sarà, ma vederla sfuggevole e determinata ha comunque un certo impatto.
"Sarà un po' difficile perchè è innaturale, ma è così che devono andare le cose", mi spiega senza trattenere quei sorrisi che spazzano via distanze e timidezza. Bisogna tornare a quei vuoti che un tempo erano da colmare. Ancora una volta non c'è spazio per altro che non sia cancellazione. Non c'è un'altra strada, i fatti lo dimostrano. Mi incazzo quando pretende di sapere come la vivrò, perchè se la sua vita andrà avanti tranquillamente non vuol dire che sarà lo stesso per me.
Le chiedo di non bloccarmi su messenger, o quantomeno che non sia un blocco definitivo. Mi sta lasciando dentro un dubbio enorme, ma anche stavolta ha ragione lei, sono questioni inutili se non deleterie. Penso, e non le dico, che in fondo quando ci si dice addio lo si può fare anche con frivolezza, magari ridendo di ciò che prima ci angosciava e che invece ora è soltanto un particolare irrilevante.
Non provo a ribattere sulla sua decisione perchè sarebbe scorretto: non so se sono stato io ad indurla all'errore, o se effettivamente tutto questo ha avuto un senso. Se così fosse, se provare ad accantonare i nodi impossibili da sciogliere è stato giusto, questa decisione sarebbe molto più che innaturale. In fin dei conti mi ero già preoccupato di ciò che poteva succedere, ma le risposte erano state positive. Basta che non venga mai fuori il mio nome, non è vero? Questa forse è una piccola bugia. Povera e piccola Luna, l'ho messa davvero in difficoltà: per questo non lotterò.
Il destino vuole che alle nove e venti di sera io debba tornare proprio là, all'Orion Square Garden: il destino, o semplicemente il direttore del preagonismo? Salta fuori la riunione più noiosa e fastidiosa degli ultimi dodici giorni... sì perchè quella di due settimane fa è imbattibile... comunque, mentre la fiera dell'ottusità prende corpo lasciando in me e Luki sensazioni di sconforto (sms mio: "ci vuole la mentalità della murialdina". risposta sua: "ti prego andiamo in bagno a farci una striscia"), il mio sguardo è rivolto alla luna, quella vera, stasera così luminosa da farmi innervosire. "Che fai, mi provochi?" le chiedo mentre mi dirigo verso la macchina del Bagnino.
Riesco a non scriverle, perchè sarebbe davvero una bastardata a questo punto. Mi rifugio in cambusa col vecchio Bagninazzo, anche lui forse alla deriva ma sempre e comunque àncora di salvezza; quattro sambuche e otto messaggini dopo (senti, io dico messaggini e non rompere) (erano tutti indirizzati a Audrey), prende corpo nel mio cervellino l'idea di scriverle una mail: e chissà se non lo farò. Scrivere qui, e tornare a vestire quei panni dismessi da quasi un mese, ha un significato molto preciso. Perchè questa non è una riapertura.
E' soltanto la firma dopo aver scritto l'ultima parola. Ho lasciato mezze verità ovunque, anche e soprattutto questa volta, se mai ce n'è stata un'altra. Tornerò qui, tornerò a raccontare tutto quanto, tornerò, forse, a riaprire vecchi cassetti e vecchie ferite. Che Luna non sa, non ha mai saputo, non ha mai voluto e potuto vedere. Il vecchio Joe ha sempre avuto tutte le risposte, ma ignaro del destino ha tenuto tutto dentro di sè: infame contrappasso, non ci sarà invece mai modo di esprimerle.
Ma andrà veramente così? Certo, la sua è solo volontà di proteggere... e forse proteggersi? Rimango con pochi dubbi, Sant'Agostino non piangeva per le persone care che perdeva ma ringraziava Dio perchè gliele aveva date; io che ho ripreso ad andare a Messa con assiduità da circa due mesi mi rifaccio a lui, ma soprattutto alla protagonista di "In cerca di Amy", dichiarando che la fortuna è stata quella di vivere tutto questo, e che poteva davvero andare peggio di così: potevamo infatti non incontrarci mai. Cosa ci saremmo persi? La risposta, ancora una volta, è una mezza verità, ma stavolta pronunciata dalla Luna fuori dal Solaire: una volta non esistevamo nella vita dell'altro.
Già. Una volta che non c'è più, e che forse non c'è davvero mai stata.
Eppure è lì che abbiamo deciso di tornare.
Stavolta, se mai c'è stata un'altra volta, quello in bici non sono io. Mi sorride, legge la scritta sulla mia maglietta ("reality: that allucination caused by an acute lack of alcohol", sembra fatto apposta), inizia a parlare, mi spiega tutto quanto. Non c'è bisogno di troppe parole. E' vero, non mi aspettavo questo discorso e questa decisione. Non così, non dopo le ultime occasioni in cui ci eravamo visti. Ma la sua determinazione nel volermi vedere era decisamente sospetta. Lo scambio pomeridiano di sms mi aveva lasciato quel misto di stupore e ansia... ma in fin dei conti sono arrivato all'appuntamento con l'idea di farmi un mini-aperitive in tranquillità.
No, non ci sarà nessun aperitivo.
Mi parla e, per la milionesima volta, dietro ogni suo gesto rivedo un altro viso, un'altra persona, un'altra storia (lunga mille anni). Mentre si auto-accusa di superficialità ed egoismo ripenso a quell'incontro fortuito fuori dalla Partipilo e mi chiedo se non abbia avuto il suo peso; nei suoi occhi vedo riflesso il diavolo e, ahimè, posso capire perchè lei mi veda così. Non lo condivido, certo, ma lo capisco. Il solito vecchio Joe.
Ancora una volta, se mai c'è stata una volta precedente, rimango senza parole nel constatare che gli errori e le incongruenze sono stati più pesanti sulle altre persone che su di me; sarà che queste robuste spalle rubate all'agricoltura e al canottaggio (dannato Bagnino, è sempre colpa tua) sono abituate a ben peggio, sarà quel che sarà, ma vederla sfuggevole e determinata ha comunque un certo impatto.
"Sarà un po' difficile perchè è innaturale, ma è così che devono andare le cose", mi spiega senza trattenere quei sorrisi che spazzano via distanze e timidezza. Bisogna tornare a quei vuoti che un tempo erano da colmare. Ancora una volta non c'è spazio per altro che non sia cancellazione. Non c'è un'altra strada, i fatti lo dimostrano. Mi incazzo quando pretende di sapere come la vivrò, perchè se la sua vita andrà avanti tranquillamente non vuol dire che sarà lo stesso per me.
Le chiedo di non bloccarmi su messenger, o quantomeno che non sia un blocco definitivo. Mi sta lasciando dentro un dubbio enorme, ma anche stavolta ha ragione lei, sono questioni inutili se non deleterie. Penso, e non le dico, che in fondo quando ci si dice addio lo si può fare anche con frivolezza, magari ridendo di ciò che prima ci angosciava e che invece ora è soltanto un particolare irrilevante.
Non provo a ribattere sulla sua decisione perchè sarebbe scorretto: non so se sono stato io ad indurla all'errore, o se effettivamente tutto questo ha avuto un senso. Se così fosse, se provare ad accantonare i nodi impossibili da sciogliere è stato giusto, questa decisione sarebbe molto più che innaturale. In fin dei conti mi ero già preoccupato di ciò che poteva succedere, ma le risposte erano state positive. Basta che non venga mai fuori il mio nome, non è vero? Questa forse è una piccola bugia. Povera e piccola Luna, l'ho messa davvero in difficoltà: per questo non lotterò.
Il destino vuole che alle nove e venti di sera io debba tornare proprio là, all'Orion Square Garden: il destino, o semplicemente il direttore del preagonismo? Salta fuori la riunione più noiosa e fastidiosa degli ultimi dodici giorni... sì perchè quella di due settimane fa è imbattibile... comunque, mentre la fiera dell'ottusità prende corpo lasciando in me e Luki sensazioni di sconforto (sms mio: "ci vuole la mentalità della murialdina". risposta sua: "ti prego andiamo in bagno a farci una striscia"), il mio sguardo è rivolto alla luna, quella vera, stasera così luminosa da farmi innervosire. "Che fai, mi provochi?" le chiedo mentre mi dirigo verso la macchina del Bagnino.
Riesco a non scriverle, perchè sarebbe davvero una bastardata a questo punto. Mi rifugio in cambusa col vecchio Bagninazzo, anche lui forse alla deriva ma sempre e comunque àncora di salvezza; quattro sambuche e otto messaggini dopo (senti, io dico messaggini e non rompere) (erano tutti indirizzati a Audrey), prende corpo nel mio cervellino l'idea di scriverle una mail: e chissà se non lo farò. Scrivere qui, e tornare a vestire quei panni dismessi da quasi un mese, ha un significato molto preciso. Perchè questa non è una riapertura.
E' soltanto la firma dopo aver scritto l'ultima parola. Ho lasciato mezze verità ovunque, anche e soprattutto questa volta, se mai ce n'è stata un'altra. Tornerò qui, tornerò a raccontare tutto quanto, tornerò, forse, a riaprire vecchi cassetti e vecchie ferite. Che Luna non sa, non ha mai saputo, non ha mai voluto e potuto vedere. Il vecchio Joe ha sempre avuto tutte le risposte, ma ignaro del destino ha tenuto tutto dentro di sè: infame contrappasso, non ci sarà invece mai modo di esprimerle.
Ma andrà veramente così? Certo, la sua è solo volontà di proteggere... e forse proteggersi? Rimango con pochi dubbi, Sant'Agostino non piangeva per le persone care che perdeva ma ringraziava Dio perchè gliele aveva date; io che ho ripreso ad andare a Messa con assiduità da circa due mesi mi rifaccio a lui, ma soprattutto alla protagonista di "In cerca di Amy", dichiarando che la fortuna è stata quella di vivere tutto questo, e che poteva davvero andare peggio di così: potevamo infatti non incontrarci mai. Cosa ci saremmo persi? La risposta, ancora una volta, è una mezza verità, ma stavolta pronunciata dalla Luna fuori dal Solaire: una volta non esistevamo nella vita dell'altro.
Già. Una volta che non c'è più, e che forse non c'è davvero mai stata.
Eppure è lì che abbiamo deciso di tornare.