BREATHING UNDERWATER

ultimo giro di bevute. il bar sta chiudendo, il sole se ne va. dove andiamo per colazione? non troppo lontano. sono stanco amore. sono stanco.

martedì, luglio 08, 2008

Cosa Scriverò A Proposito Di Funny Games.

Se c’è un errore da non commettere avvicinandosi a questo film, è quello di arrivarci completamente impreparati. Lo dico per esperienza personale. Heineke ha deciso di girare il remake del suo Funny Games, datato 1997, ambientandolo questa volta negli Stati Uniti. La sua opera all’epoca causò un certo scalpore, ma il tutto fu limitato per via di una distribuzione balorda (soprattutto in Italia). Ora il regista austriaco prova ad abbattere ogni barriera e ci racconta nuovamente il terribile incubo in cui sprofondano Ann, George ed il loro figlioletto Georgie. I tre arrivano nella loro bella casa sul lago per le vacanze. Salutano distrattamente gli amici, con i quali sono soliti sfidarsi a golf, poi cominciano a sistemarsi nell’abitazione. Qui irrompono Peter e Paul: due tipi un po’ strani, ma pur sempre amici dei loro amici. Oddio, amici. Quando il cane della famigliola smette improvvisamente di abbaiare, il concetto di amicizia scompare e subentra una certa ansia. Ansia che non finisce mai, e che si alimenta scena dopo scena, parola dopo parola, sguardo dopo sguardo. Michael Pitt e quell’altro pazzoide di Brady Corbet dominano la pellicola in maniera inquietante. Tim Roth e Naomi Watts offrono una prova di disperazione e d’angoscia al limite dell’umano. Viene voglia di alzarsi e correre ad aiutarli. Ma qui sta tutto il genio di Heineke, che fa addirittura parlare Michael Pitt con gli spettatori. Il senso di impotenza prende il sopravvento e lo sdegno per ciò che vediamo (violenza pura, delirante, vomitevole nonostante lo stile minimalista e la mancanza di scabrosità visiva) aumenta a dismisura. Che siate o meno preparati a questo film, è certo che non vi lascerà indifferenti. Le atrocità commesse dai due sembrano poter finire ad un certo punto, ma ogni cambio di tensione è studiato per farci del male: il trailer paragona Funny Games ad Arancia Meccanica ed in effetti l’illustro predecessore è degnamente citato. Dopo questo film non potrò mai vedere Michael Pitt in un’altra veste, perché per me sarà sempre lo spietato criminale coi guanti bianchi e lo sguardo innocente. Idem per Corbet, con quell’espressione da tontolone che fa venire il nervoso. Il film lascia il segno, non c’è che dire. Io l’ho odiato, e sto continuando a farlo. Non so se lo rivedrò mai, ma so che per gli amanti del genere diventerà oggetto di culto. Non ci sono dubbi al riguardo. Non mancano alcuni piccoli passaggi a vuoto, ma nella globalità lo spettatore viene toccato nei suoi punti deboli: i protagonisti rimangono isolati dal mondo, vengono rapiti senza un perché da due individui insospettabili ed annientati psicologicamente prima che fisicamente. Niente telefono fisso, cellulare che non funziona, possibilità di fuga ridotte all’osso. Stare seduti su quella poltrona vi costerà molto caro. E, cosa più sconcertante, non riuscirete a distogliere lo sguardo dallo schermo nemmeno per un istante. Definizione di capolavoro.