Poltroncina Magica
La stanza è gigantesca, per una persona sola, ma d'altra parte siamo in una clinica privata, cosa ti aspetti? Il letto è in centro, c'è spazio, i finestroni regalano una vista spettacolare che al settimo piano si domina Milano. La sorellona dormicchia, bofonchia, a tratti è lucidissima, poi si riaddormenta dopo tre minuti; l'anestesia è così. Fa caldissimo, poi freddo, mi godo questa poltrona col telecomandino e mi torna in mente la scena di Homer Simpson che muove il letto d'ospedale su e giù. Ridacchio da solo, insisto con lo schienale, e il poggiagambe, e poi ancora lo schienale che ora è troppo disteso; faccio impazzire mia sorella, eppure è lei la degente. Quando trovo finalmente pace, posso coprirmi con una felpa e chiudere gli occhi. Non ho fatto colazione, come mio solito, non ho nemmeno pranzato e non ho fame. Un succo di frutta mi sta bastando, segno che c'è qualcosa che non va. Allora chiudo gli occhi, provo ad addormentarmi, devono arrivare telefonate, notizie, provvedimenti. Io aspetto qua, sulla poltroncina magica. Quando mi risveglio dal torpore è tutto finito. Non ho ancora fame, ma rabbia. La sorellona sta bene e questa è l'unica cosa che conta. Ma la strada è decisa. Mi mancavi, Breathing Underwater.
1 Comments:
At 14 novembre, 2014 10:13, Anonimo said…
...FINALMENTE....CAZOOO...;)
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