Mi Penserai Alle Nove Di Ogni Mattina
Era l'estate del 1999 e quest'uomo (se così lo si può definire) qua in basso...
... era capace di darmi delle emozioni. Moratti ce l'aveva appena comprato, e noi poveri tifosi chiaramente lì a sognare chissà quali prodezze avrebbe sfornato la coppia atomica Vieri-Ronaldo. Col senno di poi, mi vien da dire "si sono proprio viste, le prodezze". Ma tant'è, in questo post Vieri e il calcio e le veline e i soldi c'entrano poco.
C'entra, invece, l'amico Robi, per il quale lavorai appunto in quella fatidica estate del '99. Era un periodo strano, per me. Bocciato a scuola, avevo preso la decisione di andare a lavorare per questo amico dei miei quasi per scherzo. Lui mi disse che aveva bisogno di aiuto, io gli dissi che avevo bisogno di non stare a casa e fare qualcosa e distrarmi e rendermi utile fino a settembre, e il risultato furono un paio di mesi di duro lavoro al mercato, con una paga da fame (e quando dico fame, credetemi, perchè i marocchini prendevano più di me) e tanti insegnamenti ricevuti.
Insegnamenti che, però, capii chiaramente molto più tardi rispetto a quando mi vennero impartiti.
Mi ricordo le lunghe chiacchierate che ci facevamo io e Robi: lui, 35enne, sposato, una figlia di due anni, un po' di problemi con la moglie, un po' di cazzi finanziari, qualche progetto strampalato, cercava di mettermi in guardia sui pericoli dell'Amore, quello con la A maiuscola, quello che ti fa sragionare, che ti fa sbagliare. Ma io, all'epoca, ero troppo ingenuo e pazzamente innamorato per capire cosa volesse dirmi. L'Amore non aveva segreti per me, ed io non potevo stare ad ascoltare le sue farneticazioni; per questo litigavamo spesso. In quel periodo, io dovevo solo capire come avrei fatto, dall'anno successivo, a copiare durante le versioni di latino: cazzo, cambiare classe non era mica una faccenda da niente.
Poi però, tutte le sere, in Cambusa con gli amici del cortile, tra una birra ed una partita a freccette avevo sempre qualcosa di nuovo da raccontare; ed erano sempre gli insegnamenti di Robi, le sue strane teorie sulle donne e sugli amici, il suo punto di vista su qualcosa che succedeva. Non condividevo nessuna delle sue idee, però non facevo altro che parlare di lui.
Oggi, dopo tanto tempo, l'ho rivisto: la vita (qualche esperienza sfortunata) l'ha segnato profondamente. Abbiamo parlato a lungo, come facevamo tanti anni fa, quando il banco è smontato e c'è solo da chiudere l'ombrellone. E i suoi guai (sentimentali e non), i suoi ricordi, stavolta mi sono apparsi subito come una lezione da imparare: dopo anni ed anni, mi sono reso conto che non era affatto diverso da me, non era un pazzoide, ma solo uno che le cose le aveva vissute sulla propria pelle... e per quanto fossero assurde, a distanza di anni ora riesco a comprendere tutto. Perchè i momenti no, le follie, i clamorosi sbagli, sono arrivati anche per me.
Ed oggi più che mai comprendo la malinconia dello sguardo, capisco i suoi lunghi silenzi, capisco i progetti importanti sul futuro che cambiavano radicalmente giorno dopo giorno.
Capisco i momenti di inquietudine che lo facevano assentare dal banco per ore e ore, lasciandomi così in balia delle vecchiacce e delle loro tende demmerda...
E mi ricordo quando, l'ultimo giorno di lavoro, mi disse: "Lo so che rispetto alla scuola, il mercato è una merda... ma sappi che ti mancherà... e ti mancherò anch'io... come farai senza di me? chi è che alle nove di ogni mattino ti avrà già dato del pirla?"
E aveva ragione lui.
... era capace di darmi delle emozioni. Moratti ce l'aveva appena comprato, e noi poveri tifosi chiaramente lì a sognare chissà quali prodezze avrebbe sfornato la coppia atomica Vieri-Ronaldo. Col senno di poi, mi vien da dire "si sono proprio viste, le prodezze". Ma tant'è, in questo post Vieri e il calcio e le veline e i soldi c'entrano poco.
C'entra, invece, l'amico Robi, per il quale lavorai appunto in quella fatidica estate del '99. Era un periodo strano, per me. Bocciato a scuola, avevo preso la decisione di andare a lavorare per questo amico dei miei quasi per scherzo. Lui mi disse che aveva bisogno di aiuto, io gli dissi che avevo bisogno di non stare a casa e fare qualcosa e distrarmi e rendermi utile fino a settembre, e il risultato furono un paio di mesi di duro lavoro al mercato, con una paga da fame (e quando dico fame, credetemi, perchè i marocchini prendevano più di me) e tanti insegnamenti ricevuti.
Insegnamenti che, però, capii chiaramente molto più tardi rispetto a quando mi vennero impartiti.
Mi ricordo le lunghe chiacchierate che ci facevamo io e Robi: lui, 35enne, sposato, una figlia di due anni, un po' di problemi con la moglie, un po' di cazzi finanziari, qualche progetto strampalato, cercava di mettermi in guardia sui pericoli dell'Amore, quello con la A maiuscola, quello che ti fa sragionare, che ti fa sbagliare. Ma io, all'epoca, ero troppo ingenuo e pazzamente innamorato per capire cosa volesse dirmi. L'Amore non aveva segreti per me, ed io non potevo stare ad ascoltare le sue farneticazioni; per questo litigavamo spesso. In quel periodo, io dovevo solo capire come avrei fatto, dall'anno successivo, a copiare durante le versioni di latino: cazzo, cambiare classe non era mica una faccenda da niente.
Poi però, tutte le sere, in Cambusa con gli amici del cortile, tra una birra ed una partita a freccette avevo sempre qualcosa di nuovo da raccontare; ed erano sempre gli insegnamenti di Robi, le sue strane teorie sulle donne e sugli amici, il suo punto di vista su qualcosa che succedeva. Non condividevo nessuna delle sue idee, però non facevo altro che parlare di lui.
Oggi, dopo tanto tempo, l'ho rivisto: la vita (qualche esperienza sfortunata) l'ha segnato profondamente. Abbiamo parlato a lungo, come facevamo tanti anni fa, quando il banco è smontato e c'è solo da chiudere l'ombrellone. E i suoi guai (sentimentali e non), i suoi ricordi, stavolta mi sono apparsi subito come una lezione da imparare: dopo anni ed anni, mi sono reso conto che non era affatto diverso da me, non era un pazzoide, ma solo uno che le cose le aveva vissute sulla propria pelle... e per quanto fossero assurde, a distanza di anni ora riesco a comprendere tutto. Perchè i momenti no, le follie, i clamorosi sbagli, sono arrivati anche per me.
Ed oggi più che mai comprendo la malinconia dello sguardo, capisco i suoi lunghi silenzi, capisco i progetti importanti sul futuro che cambiavano radicalmente giorno dopo giorno.
Capisco i momenti di inquietudine che lo facevano assentare dal banco per ore e ore, lasciandomi così in balia delle vecchiacce e delle loro tende demmerda...
E mi ricordo quando, l'ultimo giorno di lavoro, mi disse: "Lo so che rispetto alla scuola, il mercato è una merda... ma sappi che ti mancherà... e ti mancherò anch'io... come farai senza di me? chi è che alle nove di ogni mattino ti avrà già dato del pirla?"
E aveva ragione lui.
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