Joe Meets Charlie @ Mannheim.
Comincio dalla metà esatta e cioè dalla cena solitaria da Kentucky. Io adoro Kentucky Fried Chicken. Ma odio mangiare da solo. Adoro il pollo fritto piccante, cazzo mi fa morire. Ma da solo no, non ce la posso fare. La metà esatta, quindi, non è da KFC ma è in albergo. In stanza ci siamo io e Alice, stiamo guardando Robin Hood in tedesco. L'ultimo pasto che ho consumato è stato il kebab dell'Ali Baba esattamente 24 ore prima. Da lì in poi soltanto birra, acqua e sbattimenti. Grossi sbattimenti.
Ho dormito troppo poco ma la doccia mi ha fatto riprendere. E' ora di uscire. Nessuno vuole accompagnarmi perciò vado. Non posso permettermi di affrontare la serata a stomaco vuoto: amo prendermi i miei rischi ma mi piace giocare all'interno di certi limiti. Strafarmi sì, ammazzarmi no. Perlomeno non ancora. Ho gente che mi aspetta a Milano (qualcuno pure a Londra e Parigi a dir la verità...) e mi diverto ancora molto a vivere, che niente mi sorprende ma tutto mi stupisce. Fuori pioviggina e fa freddo ma me ne fotto. Esco. KFC sto arrivando.
Eccomi. Saadi, in cassa, è in sbattimento, eppure con il mio inglese sono capace di qualsiasi cosa; anche di prendere in giro un poliziotto o ispirare pietà ad un medico. Posso ricaricare la CocaLight quanto cazzo mi pare e la cosa mi esalta. Sono rimasto senza soldi nel telefono ed è forse un bene, che quando sono così in crisi malinconica poi mando in paranoia la gente. Quanto cazzo è buono sto pollo, peccato che negli ultimi sei giorni ogni cosa che mangi mi lasci un retrogusto di sangue. Sarà mica che mi sto mangiando un pezzo di gengiva? Ma va là. Un altro carichino di Coca ed esco. Fa freddo ed io sono sbottonato. Aria freschissima ma non pungente, cammino nel buio manco fossi in Giambellino, mi sembra di essere a Vienna e la cosa non mi rende poi così allegro. Ho fatto quello che dovevo, e cioè far vedere a Joe il posto in cui mi sono recato per il weekend. Dal momento in cui rientro al Park Inn, Joe se ne torna da dov'è arrivato e fa di nuovo spazio a Charlie, che si era materializzato venerdì notte. Tutto fila per il verso giusto, se così si può dire.
Quello che non si può spiegare è il passaggio di consegne tra i due. E' il momento in cui si sono incontrati, parlati, confrontati. Spesso si erano trovati faccia a faccia, ma si erano guardati male a vicenda. Joe odia l'autolesionismo di Charlie. Charlie vuole distruggere le paranoie di Joe. Farli entrare in contatto è difficile.
Eppure a Mannheim, fuori dal Kentucky Fried Chicken, a cinque minuti dal Park Inn Hotel di Friendsplatz, è successo. Li ho visti scambiare quattro parole veloci, poi sorridere, abbracciarsi e salutarsi, dandosi appuntamento a mai più.
Il resto del weekend è nelle cinque foto che ho scattato, nei tre pasti che ho consumato, nelle cinque ore di sonno, nei 45 euro di taxi che ho speso per colpa di un napoletano di merda e della polizia tedesca, nell'allarme anti-incendio che mi ha svegliato catapuldandomi sul letto ed immergendomi nel peggior incubo che abbia mai vissuto ad occhi aperti, nel dottore che vuole i soldi ed io strafatto di non dico cosa gli rido in faccia perchè ormai è da un'ora che mi sto prendendo cura di un gay allucinato che non sa una parola d'inglese, nelle gite al cesso che diventavano missioni di affratellamento ed in quel pezzo messo da Carl Cox sul quale ci siamo abbracciati calorosamente io e la SoCiA.
Davvero, di più non posso dire. Almeno per ora.
Ho dormito troppo poco ma la doccia mi ha fatto riprendere. E' ora di uscire. Nessuno vuole accompagnarmi perciò vado. Non posso permettermi di affrontare la serata a stomaco vuoto: amo prendermi i miei rischi ma mi piace giocare all'interno di certi limiti. Strafarmi sì, ammazzarmi no. Perlomeno non ancora. Ho gente che mi aspetta a Milano (qualcuno pure a Londra e Parigi a dir la verità...) e mi diverto ancora molto a vivere, che niente mi sorprende ma tutto mi stupisce. Fuori pioviggina e fa freddo ma me ne fotto. Esco. KFC sto arrivando.
Eccomi. Saadi, in cassa, è in sbattimento, eppure con il mio inglese sono capace di qualsiasi cosa; anche di prendere in giro un poliziotto o ispirare pietà ad un medico. Posso ricaricare la CocaLight quanto cazzo mi pare e la cosa mi esalta. Sono rimasto senza soldi nel telefono ed è forse un bene, che quando sono così in crisi malinconica poi mando in paranoia la gente. Quanto cazzo è buono sto pollo, peccato che negli ultimi sei giorni ogni cosa che mangi mi lasci un retrogusto di sangue. Sarà mica che mi sto mangiando un pezzo di gengiva? Ma va là. Un altro carichino di Coca ed esco. Fa freddo ed io sono sbottonato. Aria freschissima ma non pungente, cammino nel buio manco fossi in Giambellino, mi sembra di essere a Vienna e la cosa non mi rende poi così allegro. Ho fatto quello che dovevo, e cioè far vedere a Joe il posto in cui mi sono recato per il weekend. Dal momento in cui rientro al Park Inn, Joe se ne torna da dov'è arrivato e fa di nuovo spazio a Charlie, che si era materializzato venerdì notte. Tutto fila per il verso giusto, se così si può dire.
Quello che non si può spiegare è il passaggio di consegne tra i due. E' il momento in cui si sono incontrati, parlati, confrontati. Spesso si erano trovati faccia a faccia, ma si erano guardati male a vicenda. Joe odia l'autolesionismo di Charlie. Charlie vuole distruggere le paranoie di Joe. Farli entrare in contatto è difficile.
Eppure a Mannheim, fuori dal Kentucky Fried Chicken, a cinque minuti dal Park Inn Hotel di Friendsplatz, è successo. Li ho visti scambiare quattro parole veloci, poi sorridere, abbracciarsi e salutarsi, dandosi appuntamento a mai più.
Il resto del weekend è nelle cinque foto che ho scattato, nei tre pasti che ho consumato, nelle cinque ore di sonno, nei 45 euro di taxi che ho speso per colpa di un napoletano di merda e della polizia tedesca, nell'allarme anti-incendio che mi ha svegliato catapuldandomi sul letto ed immergendomi nel peggior incubo che abbia mai vissuto ad occhi aperti, nel dottore che vuole i soldi ed io strafatto di non dico cosa gli rido in faccia perchè ormai è da un'ora che mi sto prendendo cura di un gay allucinato che non sa una parola d'inglese, nelle gite al cesso che diventavano missioni di affratellamento ed in quel pezzo messo da Carl Cox sul quale ci siamo abbracciati calorosamente io e la SoCiA.
Davvero, di più non posso dire. Almeno per ora.
2 Comments:
At 09 aprile, 2008 08:47, Anonimo said…
è già molto così....
welcome back!
At 09 aprile, 2008 12:11, Anonimo said…
io dico che quel posto è fuori dal mondo...che la dentro ti senti di buttare fuori tutto quello che normalemnte nascondi...è euforiaa..adrenalina allo stato puro...e sn felice stavolta di averlo condiviso anche con te...ci tenevo troppo a portarti li...di persona...
grande charlie...e grande joe...o semplicemente...grande carlo... <3
V@Le
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