Controlliamo Un Attimo
In nove mesi al call center di casi incredibili me ne sono capitati, eccome. Ho avuto momenti di disagio, di noia, mi sentivo sopraffatto dalla ripetitività delle mie azioni, delle mie risposte, delle giornate di lavoro. Ho odiato con tutto me stesso l'ufficio, i colleghi, i clienti, tutti e tutto quanto. Ho resistito perchè... non lo so nemmeno io, ho avuto momenti di sconforto ma poi persone importanti, vecchie e nuove, mi hanno dato - e mi stanno dando- la forza per andare avanti. A volte litighi con qualche pazzo, con qualche vecchietta, con qualche rincoglionito, poi ci si fa una risata su e passa tutto.
Allora arriva sta telefonata in un venerdì sera già tragico, a livello lavorativo: chiamate su chiamate, problemi su problemi, lamentele cazziatoni e la pazienza che se ne va. Non parlo spesso del mio lavoro, qua sul blog soprattutto, se non per evidenziare episodi simpatici, ma questa volta devo fare un'eccezione.
Forse perchè per una volta sul posto di lavoro ho visto materializzarsi Joe Rokocoko. Era inevitabile. Joe sta fuori dalla mia vita lavorativa, grazie a Dio. Ogni tanto fa capolino... e sono sempre guai. Sono dimissioni, discussioni, piagnistei, rivoluzioni. Noi tutti amiamo Joe Rokocoko, ma diciamoci la verità lui è un non-scrittore, del lavoro vero che cazzo ne capisce. Si fa prendere e poi... capace di mollare tutto così, d'un colpo.
La vecchina parte subito all'attacco, questo è il codice, è intestato a mio figlio che è morto due anni fa. PUM. La vecchina può anche essere davvero vecchina, però già esordire così mi fa prendere male. Andiamo a controllare chi è lo sfortunato. Eccoci un attimo... sì signora ho capito ora capiamo il suo assegno... un attimo solo che controllo... lo sguardo cade sulla data di nascita, anno 1981, chissà perchè mi sto sentendo così strano. Vai via Joe, ti prego, sto lavorando.
Signora io capisco... le dobbiamo mandare 150 euro ma l'assegno è intestato a suo figlio, ho capito, ha già chiamato signora... la pazienza a questo punto è in modalità ILLIMITATA, potrebbe prendermi a male parole per un'ora e io starei lì senza reagire. Comincio a sbuffare, mi alzo, chiedo aiuto a chi è di supporto, ma a quel punto non ho più voglia di ascoltare le risposte, le procedure, tutto quanto. Ragazzi cazzo, c'ho in linea il morto e non vogliamo dargli i soldi, capite? Chi è in cuffia non sente, ma gli altri sì, sto per diventare un fiume in piena. Cazzo, le muore il figlio a ventotto anni e noi non vogliamo darle cento euro, ma che cazzo di mondo di merda che viviamo. E NOI SIAMO UN ANELLO DELLA CATENA! Mi sta prendendo lo sconforto totale, cosmico, quasi leopardiano. Io non voglio essere parte di questo sistema! Mi vergogno cazzo, mi vergogno! Non vogliamo darle i soldi... e penso chissà come sarà morto, so che non bisogna porsi questi interrogativi, proprio perchè poi si sfasa e si perde di vista l'obiettivo finale, che sarebbe teoricamente quello di aiutare il cliente.
Allora temporeggio, mi faccio insultare ancora un po', i vicini di postazione mi guardano smarriti, pensano ad uno scherzo, ridacchiano, anch'io la butto sul ridere perchè vorrei invece piangere. Ma non c'è tempo per tutto questo, ho trent'anni e non posso lasciare troppo spazio a Joe. Che si occupi di scrivere, che un giorno poi faremo i conti. Tempo non ne voglio buttare. Signora, è con grande amarezza che le dico che dovrà attendere ancora un bel po'. Onestamente mi vergogno per questa situazione, che lei ci creda o meno. Mi riprendo a fatica, guardo fuori dalla finestra, c'è un tramonto spettacolare ed ho qualcuno a cui pensare questa sera. Non sarà mai tutto giusto così. Non bisogna mai pensare troppo. Io l'ho imparato, ma in trasparenza poi si vede chi siamo. Sempre e comunque. E non parlerò del mio lavoro per un bel po' di tempo ancora.
Allora arriva sta telefonata in un venerdì sera già tragico, a livello lavorativo: chiamate su chiamate, problemi su problemi, lamentele cazziatoni e la pazienza che se ne va. Non parlo spesso del mio lavoro, qua sul blog soprattutto, se non per evidenziare episodi simpatici, ma questa volta devo fare un'eccezione.
Forse perchè per una volta sul posto di lavoro ho visto materializzarsi Joe Rokocoko. Era inevitabile. Joe sta fuori dalla mia vita lavorativa, grazie a Dio. Ogni tanto fa capolino... e sono sempre guai. Sono dimissioni, discussioni, piagnistei, rivoluzioni. Noi tutti amiamo Joe Rokocoko, ma diciamoci la verità lui è un non-scrittore, del lavoro vero che cazzo ne capisce. Si fa prendere e poi... capace di mollare tutto così, d'un colpo.
La vecchina parte subito all'attacco, questo è il codice, è intestato a mio figlio che è morto due anni fa. PUM. La vecchina può anche essere davvero vecchina, però già esordire così mi fa prendere male. Andiamo a controllare chi è lo sfortunato. Eccoci un attimo... sì signora ho capito ora capiamo il suo assegno... un attimo solo che controllo... lo sguardo cade sulla data di nascita, anno 1981, chissà perchè mi sto sentendo così strano. Vai via Joe, ti prego, sto lavorando.
Signora io capisco... le dobbiamo mandare 150 euro ma l'assegno è intestato a suo figlio, ho capito, ha già chiamato signora... la pazienza a questo punto è in modalità ILLIMITATA, potrebbe prendermi a male parole per un'ora e io starei lì senza reagire. Comincio a sbuffare, mi alzo, chiedo aiuto a chi è di supporto, ma a quel punto non ho più voglia di ascoltare le risposte, le procedure, tutto quanto. Ragazzi cazzo, c'ho in linea il morto e non vogliamo dargli i soldi, capite? Chi è in cuffia non sente, ma gli altri sì, sto per diventare un fiume in piena. Cazzo, le muore il figlio a ventotto anni e noi non vogliamo darle cento euro, ma che cazzo di mondo di merda che viviamo. E NOI SIAMO UN ANELLO DELLA CATENA! Mi sta prendendo lo sconforto totale, cosmico, quasi leopardiano. Io non voglio essere parte di questo sistema! Mi vergogno cazzo, mi vergogno! Non vogliamo darle i soldi... e penso chissà come sarà morto, so che non bisogna porsi questi interrogativi, proprio perchè poi si sfasa e si perde di vista l'obiettivo finale, che sarebbe teoricamente quello di aiutare il cliente.
Allora temporeggio, mi faccio insultare ancora un po', i vicini di postazione mi guardano smarriti, pensano ad uno scherzo, ridacchiano, anch'io la butto sul ridere perchè vorrei invece piangere. Ma non c'è tempo per tutto questo, ho trent'anni e non posso lasciare troppo spazio a Joe. Che si occupi di scrivere, che un giorno poi faremo i conti. Tempo non ne voglio buttare. Signora, è con grande amarezza che le dico che dovrà attendere ancora un bel po'. Onestamente mi vergogno per questa situazione, che lei ci creda o meno. Mi riprendo a fatica, guardo fuori dalla finestra, c'è un tramonto spettacolare ed ho qualcuno a cui pensare questa sera. Non sarà mai tutto giusto così. Non bisogna mai pensare troppo. Io l'ho imparato, ma in trasparenza poi si vede chi siamo. Sempre e comunque. E non parlerò del mio lavoro per un bel po' di tempo ancora.
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