1000 - NEPLIGET!!!
E chi lo sa se davvero vi siete mai chiesti il perchè di quella parola. Qualcuno l'ha fatto, sì, mi ricordo che Jodie ci impazzì. Un bel giorno su messenger arrivò a dirmi che secondo lei Nepliget era un parco di Budapest. Candidamente le confessai che sì, effettivamente Nepliget era anche quello. Sì, un parco. Importante, famoso. Un parco che in fondo non ho mai visitato. Anche se ci sono stato. Ero lì, a Nepliget. Ed allora, cosa successe? Una minima spiegazione l'ho già data tempo fa e l'ho messa sotto gli archivi, poco prima della foto di Billy Corgan che dice "I Send This Smile Over To You". A Nepliget, alla fine, non successe niente... Ma vediamo cosa ci racconta Teo. Dopo mille post, avrete pure il diritto di togliervi questa curiosità.
"Ricordi confusi, frammenti di immagini, un collage incompleto. Dove la memoria apre le sue crepe, si è inserita la leggenda. Ma quanta e quale parte di questa leggenda si sovrappone, più o meno esattamente, alla realtà? A quella che fu la vera realtà? E quanta invece è solo “una leggenda”, figlia di oscuri meccanismi mentali, ma in fondo lontana dall’accaduto?
Da quanto accadde Nepliget, Budapest, quel 9 (?) settembre 2001; pochissimo prima che il mondo cambiasse. Ma forse era già cambiato.
Tutta colpa, o merito, di una receptionist stordita, di un errore anticipato, di 18 anni o giù di lì assai spensierati e tendenti ad est. Mille ricordi già prima di Nepliget, incedibili avventure come pioggia battente. E poi..
Faceva abbastanza freddo, ce n’eravamo già accorti. Sapevamo anche che per quanto Pest, Buda rimaneva comunque una città dell’Europa dell’Est. Non BucaRest certo, ma una minima in guardia nonostante tutto lo volevamo stare. E le facce della stazione della metropolitana di Nepliget ce lo confermarono; ma bastò capire di essersi persi per un soffio la partita del Ferencvaros che anche il vialone a otto corsie, spaventoso (eppure portava il nome della via dell’albergo), poteva essere dimenticato.
Poteva. Se non fosse stato.
Se non fosse stato che noi eravamo lì lì per morire di freddo, o di paura, o di stanchezza, o di inquietudine, ma avevamo una meta e tutto sommato la vedevamo vicina. Ma lui di cosa stava morendo? E quanto era lontana la sua meta? E cosa raccontava la sua storia? E perché era lì o cosa era successo prima e cosa sarà successo dopo? (subito dopo, perché molto dopo, beh lo sappiamo. Siamo ripassati e non c’era più)
Cosa succedeva IN QUEL MOMENTO A NEPLIGET? Mentre noi arrancavamo tra felicità e stanchezza con ogni brivido di ogni possibile emozione, COSA SI DISSERO I DUE UOMINI?
Mille ipotesi,
nessuna certezza.
Un altro brivido.
Potevamo fermarci? Dovevamo andare avanti?
Nepliget è l’impossibiltà di poter dare sempre e comunque una risposta.
Il massimo che puoi fare, è rendertene conto."
Bè, ma mica c'eravamo solo io e Teo eh.
Eh no. Quel penultimo giorno di scuola, durante l'ora della Gomba, dissi a Teo di uscire dalla classe e di chiamare anche Paul. Paul, non fare il cazzone, vieni con noi. Andammo fuori adducendo una scusa improbabile, tanto la scuola era finita e la Gomba non avrebbe mai detto niente. Ci facemmo un giro sul campo da basket e decidemmo. Faremo le vacanze insieme quest'estate, dopo la matura. Ma dove, come quando chi. Noi tre cazzo, noi tre.
La meta la decidemmo qualche giorno dopo. Ci furono mille sbattimenti da risolvere. Si partì intorno al 6 di settembre se non ricordo male. Arrivammo a Nepliget probabilmente il 9. Questo è il ricordo di Paul.
"Nepliget è una premonizione, un mondo che sta per cambiare.
E’ la stazione, la notte, a Vienna. E il mercato, l’alba, a Zagabria.
Tre anime incuriosite nell’inferno.
Nepliget è semplicemente una porta. Dalla quale, ancora oggi, non so se siamo usciti oppure entrati."
Ancora sensazioni, ancora dubbi. Paul mi spiega che Nepliget è un'emozione, e che lui quella storia la ricorda così da sempre, con poche parole. Perchè le emozioni, dice, si esprimono con poco. Già.
Ma come fare per trasmettere agli altri quelle sensazioni? Basterà il racconto confuso degli eventi?
"Non so perchè, ma quello stradone faceva veramente paura. Io ragiono sempre per paradossi, e quindi ritengo improbabile che a tre turisti succeda qualcosa in una zona così brutta, così anti-turistica. Certo, c'è un hotel della madonna con mille comfort, ma in fin dei conti è vuoto, e non se lo caga nessuno per due motivi: nelle stanze fa freddo, e la zona in cui è situato è periferica e pericolosa. Dopo aver amabilmente discusso di tennis femminile tutto il pomeriggio, io ed i miei compagni di sventura Teo e Paul decidiamo di andare a fare un salto in disco. Prenderemo la metropolitana, poi una volta arrivati nella zona dei locali vedremo. Ok si va.
E' buio. Non troppo, ma il rumore che arriva dallo stradone immenso non è piacevole. Dobbiamo camminare un po' prima di arrivare alla fermata, e si sta verificando un qualcosa che si ripeterà identico da lì a qualche giorno. Ognuno dei tre sta pensando agli altri due.
Perchè abbiamo tutti paura, anche se facciamo finta di niente. Sì, appena usciti dall'albergo eravamo sciallati, ma sono bastati dieci metri per spegnere i nostri entusiasmi. E poi là in fondo, cazzo, c'è un tipo accasciato a terra con un altro che tenta di rianimarlo. Ci avviciniamo, e dentro ad ognuno di noi si fa prorompente la domanda: chissà gli altri due cosa cazzo stanno pensando.
Il tipo sbraita contro di noi, ormai è evidente. Io sto pensando ad un trappolone, se ci fermiamo ad aiutarlo questi saltano fuori in dieci e ci fanno su tutti. Così attaccati all'hotel? Improbabile, ma cazzo, questo urla e ci addita. E il tipo a terra potrebbe essere già morto, accidenti a lui, l'unica cosa da fare è tirare dritto. E così facciamo.
Giù in metropolitana l'adrenalina è ancora a mille, ma la situazione si fa ancora più irreale. Una volta lasciato dietro di noi quel terribile vialone, ci siamo buttati in fretta giù per le scale cercando un rifugio sicuro. E invece, invece cazzo oggi c'era la partita dell'Ujpest o di chissà quale altra squadra, e i tifosi più accaniti sono qui sotto nel baretto. Non sono in tanti, cazzo, ma sono tutti ubriachi e, clamorosamente, dal pandemonio generale riescono a creare un silenzio istantaneo al nostro passaggio. Non vola una mosca mentre attraversiamo quel corteo di mezzi-nazi bomberanfibiati, capello biondo lungo, faccia incazzosa e paonazza per la troppa birra. Sento una bottiglia che si rompe sulla mia testa, io ultimo della fila, sento che sta per arrivare cazzo... ma in quel silenzio nulla si muove. Tutto è fermo, non vola nessuna bottiglia, la serata può davvero cominciare. Torneremo in taxi.
Nel corso degli anni, io ed i raga abbiamo ovviamente caricato quegli episodi e quei giorni di mille significati, che ancora, ovviamente, rimangono nascosti. Era il 9 settembre del 2001, e dopo che nulla accadde, tutto accadde. Riduttivo? Semplicistico?
Eppure, Nepliget è la somma di quei ricordi, di quelle sensazioni, di quell'ansia provocata dalle primordiali paure vissute in un brevissimo lasso di tempo. Può anche darsi che a Nepliget, vicino al parco costeggiato da uno stradone immenso, poco prima di infilarsi nella metropolitana che ci avrebbe portato al centro di Pest, non sia successo praticamente niente.
Ma io continuo a pensare che vivere certe emozioni condivise non sia da catalogare come 'niente'. Nepliget è un po' più che la radice di ogni sensazione intensa, o l'inizio di questo blog, o ciò che scatena gli istinti primordiali.
A Nepliget faceva semplicemente un freddo impossibile. Quel cammino intrapreso usciti dall'albergo, a tutti gli effetti ci sta ancora portando lontano.
Credo che l'inquietudine di quei momenti non ci abbandonerà. Mai."
"Ricordi confusi, frammenti di immagini, un collage incompleto. Dove la memoria apre le sue crepe, si è inserita la leggenda. Ma quanta e quale parte di questa leggenda si sovrappone, più o meno esattamente, alla realtà? A quella che fu la vera realtà? E quanta invece è solo “una leggenda”, figlia di oscuri meccanismi mentali, ma in fondo lontana dall’accaduto?
Da quanto accadde Nepliget, Budapest, quel 9 (?) settembre 2001; pochissimo prima che il mondo cambiasse. Ma forse era già cambiato.
Tutta colpa, o merito, di una receptionist stordita, di un errore anticipato, di 18 anni o giù di lì assai spensierati e tendenti ad est. Mille ricordi già prima di Nepliget, incedibili avventure come pioggia battente. E poi..
Faceva abbastanza freddo, ce n’eravamo già accorti. Sapevamo anche che per quanto Pest, Buda rimaneva comunque una città dell’Europa dell’Est. Non BucaRest certo, ma una minima in guardia nonostante tutto lo volevamo stare. E le facce della stazione della metropolitana di Nepliget ce lo confermarono; ma bastò capire di essersi persi per un soffio la partita del Ferencvaros che anche il vialone a otto corsie, spaventoso (eppure portava il nome della via dell’albergo), poteva essere dimenticato.
Poteva. Se non fosse stato.
Se non fosse stato che noi eravamo lì lì per morire di freddo, o di paura, o di stanchezza, o di inquietudine, ma avevamo una meta e tutto sommato la vedevamo vicina. Ma lui di cosa stava morendo? E quanto era lontana la sua meta? E cosa raccontava la sua storia? E perché era lì o cosa era successo prima e cosa sarà successo dopo? (subito dopo, perché molto dopo, beh lo sappiamo. Siamo ripassati e non c’era più)
Cosa succedeva IN QUEL MOMENTO A NEPLIGET? Mentre noi arrancavamo tra felicità e stanchezza con ogni brivido di ogni possibile emozione, COSA SI DISSERO I DUE UOMINI?
Mille ipotesi,
nessuna certezza.
Un altro brivido.
Potevamo fermarci? Dovevamo andare avanti?
Nepliget è l’impossibiltà di poter dare sempre e comunque una risposta.
Il massimo che puoi fare, è rendertene conto."
Bè, ma mica c'eravamo solo io e Teo eh.
Eh no. Quel penultimo giorno di scuola, durante l'ora della Gomba, dissi a Teo di uscire dalla classe e di chiamare anche Paul. Paul, non fare il cazzone, vieni con noi. Andammo fuori adducendo una scusa improbabile, tanto la scuola era finita e la Gomba non avrebbe mai detto niente. Ci facemmo un giro sul campo da basket e decidemmo. Faremo le vacanze insieme quest'estate, dopo la matura. Ma dove, come quando chi. Noi tre cazzo, noi tre.
La meta la decidemmo qualche giorno dopo. Ci furono mille sbattimenti da risolvere. Si partì intorno al 6 di settembre se non ricordo male. Arrivammo a Nepliget probabilmente il 9. Questo è il ricordo di Paul.
"Nepliget è una premonizione, un mondo che sta per cambiare.
E’ la stazione, la notte, a Vienna. E il mercato, l’alba, a Zagabria.
Tre anime incuriosite nell’inferno.
Nepliget è semplicemente una porta. Dalla quale, ancora oggi, non so se siamo usciti oppure entrati."
Ancora sensazioni, ancora dubbi. Paul mi spiega che Nepliget è un'emozione, e che lui quella storia la ricorda così da sempre, con poche parole. Perchè le emozioni, dice, si esprimono con poco. Già.
Ma come fare per trasmettere agli altri quelle sensazioni? Basterà il racconto confuso degli eventi?
"Non so perchè, ma quello stradone faceva veramente paura. Io ragiono sempre per paradossi, e quindi ritengo improbabile che a tre turisti succeda qualcosa in una zona così brutta, così anti-turistica. Certo, c'è un hotel della madonna con mille comfort, ma in fin dei conti è vuoto, e non se lo caga nessuno per due motivi: nelle stanze fa freddo, e la zona in cui è situato è periferica e pericolosa. Dopo aver amabilmente discusso di tennis femminile tutto il pomeriggio, io ed i miei compagni di sventura Teo e Paul decidiamo di andare a fare un salto in disco. Prenderemo la metropolitana, poi una volta arrivati nella zona dei locali vedremo. Ok si va.
E' buio. Non troppo, ma il rumore che arriva dallo stradone immenso non è piacevole. Dobbiamo camminare un po' prima di arrivare alla fermata, e si sta verificando un qualcosa che si ripeterà identico da lì a qualche giorno. Ognuno dei tre sta pensando agli altri due.
Perchè abbiamo tutti paura, anche se facciamo finta di niente. Sì, appena usciti dall'albergo eravamo sciallati, ma sono bastati dieci metri per spegnere i nostri entusiasmi. E poi là in fondo, cazzo, c'è un tipo accasciato a terra con un altro che tenta di rianimarlo. Ci avviciniamo, e dentro ad ognuno di noi si fa prorompente la domanda: chissà gli altri due cosa cazzo stanno pensando.
Il tipo sbraita contro di noi, ormai è evidente. Io sto pensando ad un trappolone, se ci fermiamo ad aiutarlo questi saltano fuori in dieci e ci fanno su tutti. Così attaccati all'hotel? Improbabile, ma cazzo, questo urla e ci addita. E il tipo a terra potrebbe essere già morto, accidenti a lui, l'unica cosa da fare è tirare dritto. E così facciamo.
Giù in metropolitana l'adrenalina è ancora a mille, ma la situazione si fa ancora più irreale. Una volta lasciato dietro di noi quel terribile vialone, ci siamo buttati in fretta giù per le scale cercando un rifugio sicuro. E invece, invece cazzo oggi c'era la partita dell'Ujpest o di chissà quale altra squadra, e i tifosi più accaniti sono qui sotto nel baretto. Non sono in tanti, cazzo, ma sono tutti ubriachi e, clamorosamente, dal pandemonio generale riescono a creare un silenzio istantaneo al nostro passaggio. Non vola una mosca mentre attraversiamo quel corteo di mezzi-nazi bomberanfibiati, capello biondo lungo, faccia incazzosa e paonazza per la troppa birra. Sento una bottiglia che si rompe sulla mia testa, io ultimo della fila, sento che sta per arrivare cazzo... ma in quel silenzio nulla si muove. Tutto è fermo, non vola nessuna bottiglia, la serata può davvero cominciare. Torneremo in taxi.
Nel corso degli anni, io ed i raga abbiamo ovviamente caricato quegli episodi e quei giorni di mille significati, che ancora, ovviamente, rimangono nascosti. Era il 9 settembre del 2001, e dopo che nulla accadde, tutto accadde. Riduttivo? Semplicistico?
Eppure, Nepliget è la somma di quei ricordi, di quelle sensazioni, di quell'ansia provocata dalle primordiali paure vissute in un brevissimo lasso di tempo. Può anche darsi che a Nepliget, vicino al parco costeggiato da uno stradone immenso, poco prima di infilarsi nella metropolitana che ci avrebbe portato al centro di Pest, non sia successo praticamente niente.
Ma io continuo a pensare che vivere certe emozioni condivise non sia da catalogare come 'niente'. Nepliget è un po' più che la radice di ogni sensazione intensa, o l'inizio di questo blog, o ciò che scatena gli istinti primordiali.
A Nepliget faceva semplicemente un freddo impossibile. Quel cammino intrapreso usciti dall'albergo, a tutti gli effetti ci sta ancora portando lontano.
Credo che l'inquietudine di quei momenti non ci abbandonerà. Mai."
1 Comments:
At 20 dicembre, 2007 17:29, Anonimo said…
sono felice di essere il primo commento al tuo millesimo post...
non ho ancor letto tutto, ma lo farò presto. volevo solo fari i complimenti, anche se ora forse per noi è un momento un pò triste per il nosto amico...ma sono cose differenti
grande
Posta un commento
<< Home