Reverse.
Guardo il display alla fermata, dice due minuti d'attesa. Gironzolo sul marciapiede, infastidisco le due sciure ferme composte austere immobili, sputo la cicca in mezzo alla strada e riguardo il display: dice tre minuti.
Allora i casi sono due: o il display segnala da quanto stai aspettando l'autobus, e non quanto manca al suo arrivo... oppure ho viaggiato nel tempo e sono tornato indietro di un minuto. (L'opzione che il display segnali quel cazzo che vuole non la prendo nemmeno in considerazione, troppo semplicistica.) Anche perchè...
In effetti ho viaggiato, nel tempo. Varie volte, proprio come questa. Mi capita spesso... con la 61 poi è una bellezza. Ed allora a seconda dei casi, degli umori, dei rumori, rivivo la primavera del '98, Buffalo bianche e maglie sgargianti, o l'estate del 2001 con quella multa presa per essermi semi-addormentato a mezzanotte e mezza dimenticandomi di timbrare il biglietto d'ingresso per la giostra dei ricordi... per non parlare dell'inverno 99/00 in cui ho consumato la cassettina dei Chemical (è qui da qualche parte, nel delirio della mia stanza). E allora salgo, trovo posto nonostante la passiva resistenza di questo bruttimbusto qua davanti a me; il sacchettone gigante della Sisley (pardon, Benetton) mi aiuta a creare un po' di trambusto, poi comincio a sbuffare, sudare, brancolare nei ricordi. Te la ricordi via Washington, te la ricordi questa tripla curva col sole in faccia, il salto indietro di un minuto ha prodotto una voragine di tredici anni, altro che il timeline diagram di Donnie Darko. Non sempre mi piace viaggiare nel tempo, non sempre mi piace viaggiare sulla 61. Ma ogni tanto ci vuole.
Ogni tanto.
Scendo a piccoli passi in piazza Frattini, il sole rende meno amaro questo pomeriggio solitario, scrivo per pochissimi e ne sono felice, finalmente. Il prezzo dell'impopolarità. Something that rings true, mi suggerisce ossessivamente Dave Gahan. Non lo guarderò per un bel po', quel cazzo di display alla fermata.
Allora i casi sono due: o il display segnala da quanto stai aspettando l'autobus, e non quanto manca al suo arrivo... oppure ho viaggiato nel tempo e sono tornato indietro di un minuto. (L'opzione che il display segnali quel cazzo che vuole non la prendo nemmeno in considerazione, troppo semplicistica.) Anche perchè...
In effetti ho viaggiato, nel tempo. Varie volte, proprio come questa. Mi capita spesso... con la 61 poi è una bellezza. Ed allora a seconda dei casi, degli umori, dei rumori, rivivo la primavera del '98, Buffalo bianche e maglie sgargianti, o l'estate del 2001 con quella multa presa per essermi semi-addormentato a mezzanotte e mezza dimenticandomi di timbrare il biglietto d'ingresso per la giostra dei ricordi... per non parlare dell'inverno 99/00 in cui ho consumato la cassettina dei Chemical (è qui da qualche parte, nel delirio della mia stanza). E allora salgo, trovo posto nonostante la passiva resistenza di questo bruttimbusto qua davanti a me; il sacchettone gigante della Sisley (pardon, Benetton) mi aiuta a creare un po' di trambusto, poi comincio a sbuffare, sudare, brancolare nei ricordi. Te la ricordi via Washington, te la ricordi questa tripla curva col sole in faccia, il salto indietro di un minuto ha prodotto una voragine di tredici anni, altro che il timeline diagram di Donnie Darko. Non sempre mi piace viaggiare nel tempo, non sempre mi piace viaggiare sulla 61. Ma ogni tanto ci vuole.
Ogni tanto.
Scendo a piccoli passi in piazza Frattini, il sole rende meno amaro questo pomeriggio solitario, scrivo per pochissimi e ne sono felice, finalmente. Il prezzo dell'impopolarità. Something that rings true, mi suggerisce ossessivamente Dave Gahan. Non lo guarderò per un bel po', quel cazzo di display alla fermata.
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