Un secondo prima, sono di fianco alla piscinetta del Gemini Center; sono le sette del mattino, il caldo non mi assale ancora (ma lo farà in ufficio, oh yes), via Koch è desolatamente vuota, mentre cammino ascolto Prawy do Lewego partita in random dopo No Surprises dei Radiohead e Sorry di non mi ricordo chi (capodanno 2008 a Travedona, do you remember). A volte mi è capitato di piangere, percorrendo questa strada, ma questa mattina trattengo ogni emozione. Ogni tanto ce la faccio.
Un secondo dopo, sono in linea con una cliente che chiama da Milano, nata a Milano residente a Milano (un evento rarissimo, nella marea di chiamate meridional-venete di cui siamo sommersi); riesco, di tanto in tanto, ad affratellarmi, e così rispondo alle mille domande, alle mille questioni, con una tranquillità inaudita considerando l'ora (sono quasi le due ormai) il caldo la fatica l'atmosfera gli standard qualitativi da rispettare e gli standard qualitativi intorno a me. Non mi abbatto, e dopo aver sforato ogni time limit mi godo i complimenti di questa cliente tanto rompicoglioni quanto, alla fine, gentile ed affabile. Com'è bravo lei, com'è gentile, non è facile trovare persone come lei, le auguro di fare carriera perchè lei è davvero bravissimo. Ascolto, sorrido, sbuffo, mi avvicino con la testa al monitor quasi a nascondermi dal mondo esterno, ridacchio, ringrazio, scuoto la testa, i vicini di postazione non capiscono, non notano, non guardano.
Un secondo dopo ancora, alzo la testa e la desolazione, questa volta, è morale; questo potrebbe essere -lo spero fortissimamente- il mio ultimo lunedì di lavoro qui dentro. L'opinione di un cliente dopo quindici mesi di missione contrattuale non sposta gli equilibri, nè le convinzioni, mie o dell'azienda. Ma fanno piacere, e restano, in un giorno come questo. Mi perdo per un istante alla ricerca, in tutta la sala, di un operatore che meriti un rinnovo contrattuale "definitivo" più di me; ne trovo uno soltanto, e su tutti gli altri preferisco non esprimermi. Peccato che i pensieri rimangano in testa. Anche se la Meravijosa ha cercato, a più riprese, di convincermi che in fondo è giusto che io paghi per gli errori che ho commesso, continuo ogni secondo a pensare che tutto ciò che sta accadendo sia una profonda ingiustizia. Che sia così o meno, pazienza. E' comunque ora di cambiare aria. E me ne andrò. A testa alta, con quel senso di rimpianto per qualcosa che poteva essere e non è stato, e la paura che soltanto i salti nel vuoto sanno provocare. Lei è stato veramente gentilissimo, davvero, la ringrazio tanto.
Ma si figuri signora. Le auguro una buona giornata.