I'm Not Happy Now.
No, non è stata Venezia. Me ne sono reso conto oggi pomeriggio, mentre impeccabile nella mia camica blu AntonyMorlacco pazientemente aspettavo che "la tipa" venisse a recuperarmi. Mi danno sempre una marea di moduli da compilare, allora scrivo in fretta e furia per poi rimanere da solo ad aspettare un tempo infinito in una stanza con due quadri appesi, chiuso dentro, senza aria condizionata, stando attento a non giocare col cellulare per non fare una brutta impressione. Sono splendido e splendente, ma ho un'ansia pazzesca di cominciare a sudare, vanificando così ogni mio sforzo di apparire più bello che mai (che già è un'impresa) (però abbronzato, in camicia, i capelli della lunghezza giusta ingellati a dovere, insomma, sono al mio top).
Il fatto è che se ci ripenso, la prima immagine di Venezia è lei che mi conforta, non che mi abbatte. Siamo io e lei davanti alla vetrina del Coin, Dylan mi ha appena chiamato e sto trattenendo a forza le lacrime; lei capisce e s'inventa cabarettista, mi racconta per filo e per segno le sue disavventure con l'acqua alta, le vetrine da allestire e la paura di rimanere chiusa da sola nel Coin. Sorrido, poi rido di gusto, rido rido rido ma poi mi blocco un secondo e piango; per Dylan, per i nostri ricordi, la nostra infanzia in cortile, e Giulia mi abbraccia, mi stringe più forte che mai, come aveva fatto quella sera a Bormio. Quella volta era mancata mia nonna ed oltre al naturale dispiacere per la perdita di una persona cara mi pervase la disperazione per gli errori commessi e mai recuperati. Mi godo l'abbraccio per un paio di minuti, cercando di non scompormi; poi mi dice che è il momento di bersi un cocktail e brindare a Dylan per augurargli di superare il momento difficile. Rientriamo nel locale dove ci hanno spennato per cena, consapevoli che il decotennamento proseguirà con i long drink, che nove euro l'uno ti prosciugano presto. Venezia, in fondo, è tutta qua.
E allora non devo cercarle qui le risposte, o forse non dovrei cercarle in nessun luogo; Venezia, come Bormio, come Barcellona, ha rivelato la mia cronica attitudine al "dovermi ambientare". Le ho raccontato di quando in Calabria, nel 2007, l'ultimo giorno di mare mi rotolai nella sabbia appena uscito dall'acqua, e la sua logica domanda è stata: cosa devo fare per vederti così sereno e tranquillo, tanto da fregartene di tutte le tue fissazioni?
Le ho risposto che dovevo semplicemente ambientarmi, ma otto giorni poi sono sempre troppo pochi (figuriamoci i quattro di Venezia o di Bormio, figuriamoci! ma il rimpianto di non aver cantato al karaoke quella notte di un anno fa rimane, eccome). Imperdonabile, monotono Joe, che deve dedicarsi al training autogeno per decidere di buttarsi in acqua. Ma io mi sono innamorata dei tuoi difetti, non voglio mica che cambi, chissà quante volte mi sono sentito ripetere questa frase.
La tipa alla fine, dopo una soffocante attesa, rientra accompagnata da un'altra capoccia di RisorseUmane. Parlottiamo, cerco di stare sul pezzo, seguo le raccomandazioni del Comandante (che mi ha, effettivamente, "raccomandato"), mi mostro determinato e professionale ma non perdo l'occasione per regalare un momento d'ilarità, insomma tutto fila via liscio fino alla fine.
Ora vorrei farti un'ultima domanda, che mi sembra molto importante: noi ti offriamo tre mesi di contratto, passando dall'agenzia interinale, senza darti alcuna garanzia di essere poi assunto direttamente da noi. E tu... sembri proprio disposto a lasciare il tuo lavoro a tempo indeterminato, da un giorno all'altro, senza nessun problema. Ce l'hai detto prima. Ecco, io vorrei sapere quali sono le tue motivazioni, però aspetta...
Mi rispondi in inglese.
Il fatto è che se ci ripenso, la prima immagine di Venezia è lei che mi conforta, non che mi abbatte. Siamo io e lei davanti alla vetrina del Coin, Dylan mi ha appena chiamato e sto trattenendo a forza le lacrime; lei capisce e s'inventa cabarettista, mi racconta per filo e per segno le sue disavventure con l'acqua alta, le vetrine da allestire e la paura di rimanere chiusa da sola nel Coin. Sorrido, poi rido di gusto, rido rido rido ma poi mi blocco un secondo e piango; per Dylan, per i nostri ricordi, la nostra infanzia in cortile, e Giulia mi abbraccia, mi stringe più forte che mai, come aveva fatto quella sera a Bormio. Quella volta era mancata mia nonna ed oltre al naturale dispiacere per la perdita di una persona cara mi pervase la disperazione per gli errori commessi e mai recuperati. Mi godo l'abbraccio per un paio di minuti, cercando di non scompormi; poi mi dice che è il momento di bersi un cocktail e brindare a Dylan per augurargli di superare il momento difficile. Rientriamo nel locale dove ci hanno spennato per cena, consapevoli che il decotennamento proseguirà con i long drink, che nove euro l'uno ti prosciugano presto. Venezia, in fondo, è tutta qua.
E allora non devo cercarle qui le risposte, o forse non dovrei cercarle in nessun luogo; Venezia, come Bormio, come Barcellona, ha rivelato la mia cronica attitudine al "dovermi ambientare". Le ho raccontato di quando in Calabria, nel 2007, l'ultimo giorno di mare mi rotolai nella sabbia appena uscito dall'acqua, e la sua logica domanda è stata: cosa devo fare per vederti così sereno e tranquillo, tanto da fregartene di tutte le tue fissazioni?
Le ho risposto che dovevo semplicemente ambientarmi, ma otto giorni poi sono sempre troppo pochi (figuriamoci i quattro di Venezia o di Bormio, figuriamoci! ma il rimpianto di non aver cantato al karaoke quella notte di un anno fa rimane, eccome). Imperdonabile, monotono Joe, che deve dedicarsi al training autogeno per decidere di buttarsi in acqua. Ma io mi sono innamorata dei tuoi difetti, non voglio mica che cambi, chissà quante volte mi sono sentito ripetere questa frase.
La tipa alla fine, dopo una soffocante attesa, rientra accompagnata da un'altra capoccia di RisorseUmane. Parlottiamo, cerco di stare sul pezzo, seguo le raccomandazioni del Comandante (che mi ha, effettivamente, "raccomandato"), mi mostro determinato e professionale ma non perdo l'occasione per regalare un momento d'ilarità, insomma tutto fila via liscio fino alla fine.
Ora vorrei farti un'ultima domanda, che mi sembra molto importante: noi ti offriamo tre mesi di contratto, passando dall'agenzia interinale, senza darti alcuna garanzia di essere poi assunto direttamente da noi. E tu... sembri proprio disposto a lasciare il tuo lavoro a tempo indeterminato, da un giorno all'altro, senza nessun problema. Ce l'hai detto prima. Ecco, io vorrei sapere quali sono le tue motivazioni, però aspetta...
Mi rispondi in inglese.
0 Comments:
Posta un commento
<< Home