Intanto Aspetto Facebook.
Apro la finestra e guardo verso i palazzoni di via Missaglia; li fotografo spesso, ma questa sera sono andato in pausa un po' più tardi del dovuto ed è già quasi buio. Mangio due popcorn di fretta, ho un dente che mi sta facendo impazzire (commento di MominRochin: ma tu ne hai sempre una!) e ho perso troppo tempo alle macchinette. Non ho nessuno da chiamare, in questo primo giorno lavorativo post-ferie, che poi è anche il primo post-assunzione. Scruto il cielo e là in fondo, tra due torri grigie, la luna sembra sorridermi ma mi faccio illudere per poco. Nell'aria il profumo di Settembre mi rende lunatico; sono sempre intento a combattere l'ansia a colpi di malinconia, e va così anche oggi.
Certo che è brutto passare il quarto d'ora di pausa senza parlare con nessuno, ma so che dovrò fare un po' di fatica da qui in avanti e quindi voglio adeguarmi. Avrò anche soltanto un quarto d'ora, ma un quarto d'ora di pensieri ben assestati può cambiare la giornata. Ne sono consapevole da sempre. Viaggio allora indietro con i ricordi fino a Venezia e mi chiedo se non sia stato quello il vero nodo cruciale. Mi ci sono sentito solo, sperduto e abbandonato, o si è trattato solo di un attimo? Le ho mai realmente perdonato le parole ed i gesti di quella famosa notte? Ma non riesco a ragionare, mi annebbio, mi nascondo, giro gli angoli e mi semino tra una calle di ataviche paure ed un campiello di scuse non sincere; corro sul ponte dei miei musi lunghi e mi fermo ad osservare l'acqua che scorre nel canale della presunzione; viaggia più veloce che mai. Penso a quante cose avrei da dire, da chiedere, da approfondire, attanagliato dalla consapevolezza di non poter andare a fondo di ogni questione lasciata irrisolta, almeno per ora. Ma questo "per ora" è, fatalmente, un tempo indefinito, e ciò mi rende impossibile qualsiasi scelta, qualsiasi azione: non riesco a dormire, ma tanto nemmeno prima ci riuscivo; non ho fame, ma questo potrebbe essere un bene; lavoro male, ma anche perchè il rientro è sempre complicato; mi sento inquieto e basta, ma non è certo una grande novità.
In fondo penso che di tempo ce ne sia ancora, e tanto, per chiarire la montagna di questioni che mi frullano in testa; è il momento di richiudere la finestra dei ricordi e tornare in postazione. Come d'abitudine sbuffo, poi sorrido.
Oggi perfino Timoteo mi ha chiesto di te, ed io non ho saputo raccontargli la verità. E' troppo difficile.
Quasi quanto raccontarla a me.
Certo che è brutto passare il quarto d'ora di pausa senza parlare con nessuno, ma so che dovrò fare un po' di fatica da qui in avanti e quindi voglio adeguarmi. Avrò anche soltanto un quarto d'ora, ma un quarto d'ora di pensieri ben assestati può cambiare la giornata. Ne sono consapevole da sempre. Viaggio allora indietro con i ricordi fino a Venezia e mi chiedo se non sia stato quello il vero nodo cruciale. Mi ci sono sentito solo, sperduto e abbandonato, o si è trattato solo di un attimo? Le ho mai realmente perdonato le parole ed i gesti di quella famosa notte? Ma non riesco a ragionare, mi annebbio, mi nascondo, giro gli angoli e mi semino tra una calle di ataviche paure ed un campiello di scuse non sincere; corro sul ponte dei miei musi lunghi e mi fermo ad osservare l'acqua che scorre nel canale della presunzione; viaggia più veloce che mai. Penso a quante cose avrei da dire, da chiedere, da approfondire, attanagliato dalla consapevolezza di non poter andare a fondo di ogni questione lasciata irrisolta, almeno per ora. Ma questo "per ora" è, fatalmente, un tempo indefinito, e ciò mi rende impossibile qualsiasi scelta, qualsiasi azione: non riesco a dormire, ma tanto nemmeno prima ci riuscivo; non ho fame, ma questo potrebbe essere un bene; lavoro male, ma anche perchè il rientro è sempre complicato; mi sento inquieto e basta, ma non è certo una grande novità.
In fondo penso che di tempo ce ne sia ancora, e tanto, per chiarire la montagna di questioni che mi frullano in testa; è il momento di richiudere la finestra dei ricordi e tornare in postazione. Come d'abitudine sbuffo, poi sorrido.
Oggi perfino Timoteo mi ha chiesto di te, ed io non ho saputo raccontargli la verità. E' troppo difficile.
Quasi quanto raccontarla a me.
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