Se Credi Di Sfuggire
Torno in quartiere verso le undici di sera, mancano cinque minuti per essere precisi, come faccio a saperlo è presto detto, becco PJ fuori dal 15 in sbattimento totale, cazzo c'è PJ perchè ti agiti, devo essere a casa alle undici e sono in ritardo, cazzo dov'è andato il motorino, dov'è, andate a chiamare quel cazzo di motorino, e torna un ragazzetto che ho perso di vista un paio d'anni fa e ora fa il tamarro di quartiere, ed è ancora soltanto un bambinetto... mi chiedo cosa cazzo ci faccia PJ in mezzo a tutti questi pisciaturi, ma non mi do risposte; ha detto Dylan che sei tu che sei sempre preso, io voglio fare una cena con voi due, intanto il ragazzetto torna di corsa dal kebabbaro, dice di prendere il motorino e poi lo viene a recuperare. Meglio non immischiarsi, mi metto a ridere e me ne vado, di recente ho scoperto questa canzone di Inoki e Joe Cassano (e Lord Bean e Fritz da Cat) che parla della vita di quartiere, e ti spiega che "la strada vede tutto, nascita e lutto"; in queste semplici parole trovo dipinto il mio attaccamento al quartiere, alla strada, alle facce di una vita intera. L'ho scoperta esattamente una settimana fa in quel di Baggio (tanto per restare in tema), nella residenza Morosonica; poi dopo due giorni la ritrovo su Feisbuk postata dalla Kotta, i casi della vita. Passeggio verso il portone, PJ mi supera correndo, quante volte mi è capitato di vivere questa scena con suo fratello, quante altre volte capiterà di nuovo. Inizio a fischiettare, giro la chiave nel portone, sono a casa, mi sento a casa, la strada vede tutto.
Almeyda Tu.
Ci sono giocatori che rimangono. Nel cuore, più che nella storia. Matias Jesus un posticino speciale per me l'ha sempre avuto. Fin da quando giocava nella Lazio, figuriamoci. E stasera, proprio nella pazza settimana in cui ho riscoperto un pezzo intramontabile di Gianluca Grignani, che di Matias Jesus è il sosia, ritrovo il mio idolo di qualche anno fa alle prese con uno spareggio salvezza che potrebbe assumere contorni dramatici. Il River ha perso la partita di andata contro il Belgrano, ed ora serve il miracolo al Monumental. Servirebbe l'apporto del leggendario capitano ma lui, no, lui è a bordocampo squalificato. Lo inquadrano e rivedo, per la milionesima volta, lo sguardo malinconico di Grignani, prima; ed il suo, poi, che sfoggiava insieme a noi interisti nei difficili anni pre-svolta. Cazzo, Matias Jesus aveva sempre quella faccia alla fine delle partite importanti. Era sempre una battaglia con lui in campo. Era sempre una goduria vederlo combattere (ma solo il primo anno... dopo la frattura del perone contro il Como non tornò sui suoi livelli). Ma la conclusione prevedeva sempre quel suo sguardo perso e malinconico. Come un tango argentino. Come quel pezzo fantastico di Grignani. Come l'Inter di quei giorni tristi. Come il River di questa sera, che retrocede per la prima volta dopo centodieci anni di storia. Quindici anni dopo aver vinto la Libertadores guidato dalle magie di Enzo Francescoli (l'unico vero "Principe") e dai gol di Crespo (doppietta in finale) (Almeyda fu decisivo in semifinale segnando il gol qualificazione). Certe storie sembrano scritte apposta per avere un finale così. Mi tolgo la maglia del River (acquistata nel lontano '99, anzi regalatami da non dico chi) dopo il pareggio del Belgrano, la butto sul letto e penso a quante assurde emozioni possa regalare il calcio. Matias Jesus quasi in lacrime. Come tanti anni fa. Che sembra quasi ieri.
Ieri Sposi!
Gli albori.In quel tempo, ci si sbatteva di brutto per organizzare cene e post-cene nella leggendaria taverna della WhiteHouse corsichese. Quel luogo infausto eppure irrinunciabile, reso celebre ed immortale dal risveglio post-inverno afghano di Silvietto, addì Primo Gennaio 2008. Allora però, correva l'anno 2004 credo, non c'erano armadietti pieni di giochi di magia e palloncini, ma divani, sedie, un megatavolo ed un simil-bancone da bar (da rimpiangere in eterno). Il primo ricordo che ho di Erica&Dany è laggiù in taverna. Erica che parla dei suoi cani per un tempo imprecisato, ed io che penso "ma da dov'è sbucato fuori questo bizzarro personaggio?", senza poterlo esprimere perchè al tempo, effettivamente, quello che veniva da un altro pianeta ero io. Di Dany, quella sera, una traccia quasi invisibile nella memoria; so che c'era, e questo basti.Il riconoscimento reciproco.Fine gennaio 2005. Jodie se ne va, festeggiamo la sua partenza (o meglio esorcizziamo il suo addio)... e dove, se non nella taverna della White? Ci siamo tutti, o quasi, beviamo, ci divertiamo, ci immalinconiamo, ma manca qualcosa, qualcuno, io sto nel mio, non ho certo modo di immischiarmi, per fortuna. E' una storia di telefoni, incomprensioni, forse citofoni, che si esaurisce in un paio d'ore ma che durerà per anni ed anni.La mattina successiva alla festa, (ri)troviamo Erica&Dany all'aeroporto di Malpensa. Il ricordo questa volta è nitido. Poco prima di calare l'occhialata blu per nascondere una lacrimuccia, mi siedo di fianco a loro da McDonald's e mi metto a parlare con Dany di Franchino, Riky LeRoi e le serate al Dylan. C'è gelo, dentro e fuori dall'aeroporto, come da attitudine inestinguibile mi avvicino a chi reputo più solo per affratellarmi, segnare una distanza, una vicinanza, Dany mi deride per il mio piumino verde quasi fosforescente, di quella serata lontana si è parlato talmente tanto che è inutile aggiungere una sola parola. Quella mattina ci riconoscemmo.La prima conferma.Ovviamente non si può parlare dei neo-coniugi senza citare il Bagninazzo e la sua neo (nel 2005) fidanzata, la radical comunist mondana Dobby; travolti e stravolti da una serie di vicissitudini sentimental-relazionali, ci ritrovammo in quel di Albissola una sera d'estate. Passano anche Erica & Dany, vengono a cena con noi. Ricordo la piacevolezza della serata, delle chiacchiere, ma soprattutto quella netta sensazione che mi pervase: cazzo, avevo ragione, queste sono persone sulle quali si può investire, dopo questa sera ne abbiamo la certezza. Il Bagnino era entusiasta, ha l'occhio lunghissimo su mille aspetti delle relazioni sociali, ma sul valore delle persone gli sono sempre un passo avanti. Presto saranno dei nostri, Alby, ci vuole soltanto l'occasione giusta.Il tempo aiuta sempre (chi è disposto a rischiare).Una sera di luglio del 2006, mi ritrovo mano nella mano con Dany a seguire i calci di rigore di una certa partita di calcio. Siamo in taverna, come sempre d'altronde. Io c'ero. Loro c'erano. Erica&Dany sono dei nostri a tutti gli effetti.Ogni rosa ha le sue spine.Travedona, Ottobre 2006. Dany è scatenato, sta rivelando il meglio di sè. Uomo Party, uomo-ovunque, tuttofare, esemplare, indispensabile, eppure ancora "nuovo", alla prova, per alcuni forse, ma ad un certo punto della serata prende il sopravvento Erica, ne fa le spese il prode Arlino, reo di aver esagerato con qualche gavettone di troppo. Le urla le sento dal campo da tennis, mi perdo il resto, Erica è in grado di sbagliare e di chiedere scusa, prima e dopo la notte, i commenti sul blog rimangono (mi dispiace del cinema anche perchè qualcuno disse "Una cattiva azione non ci tormenta appena compiuta, ma a distanza di molto tempo, quando la si ricorda, perché il ricordo non si spegne"), ma solo se hanno fatto piacere al proprietario di casa.La svolta.Capodanno 2007, questa volta ci trasferiamo in massa a Travedona ed è un delirio già nelle due notti prima della festa. Ballerazzi ricorda bene le bastonate di Dany, è un continuo rincorrersi di cocktail, bottiglie di prosecco e house tamarrissima. E' una festa epocale, al quale partecipa il fantastico ed inimitabile (don't try this at home) Marietto: mi segue in consolle, poi ovunque io vada, ci affratelliamo, e intanto io ho finito due bottiglie di spumante e non so come ho fatto, e già penso ai commenti del giorno dopo, quando le persone parlano con le persone di come sono fatte le altre persone. Sono dei nostri, non dei mostri come qualcuno aveva pensato in passato. C'è ancora quel citofono che non suona da sistemare, ma in fin dei conti bisogna soltanto crederci.Sapessi com'è strano tornare la domenica da Arenzano.Venne il periodo degli aperitivi del giovedì al Dundas. Dany è lontano, fuori mano, noi siamo pigri, ma lui lo sbattimento se lo fa lo stesso. Non si tira indietro, anche se a volte gradirebbe un passo in più da parte nostra. Vado a trovarlo un pomeriggio e ci beviamo due medie di autentica sincerità alcolica, poi scappo al cinema ma di seguire il film proprio non se ne parla. Erica mette una buona parola, da fidanzata attenta, e per una volta in maniera delicata (oh Erica io ti voglio un sacco bene ma non è che sei sempre così affabile!). Scappo al mare una domenica, poi non ho voglia di tornare in treno, e allora li chiamo, veniteci a prendere, così si cena insieme. Una docciazza, poi quello stupido reality di cucina su La7, ritorniamo a casa sulla Bmw che avevo guidato qualche settimana prima (e chi se lo scorda più Dany con le mani sporche di grasso che mi cede le chiavi del suo gioiello: ha il cambio automatico per cui mi raccomando dimenticati di avere il piede sinistro, se lo usi ci schiantiamo!), mi addormento felice, so di avere due veri amici ormai. Il tempo aiuta sempre (chi è disposto a crederci).Seguirono un paio di situazioni dubbie, oscure, quasi spiacevoli. Parole che non ti ho detto, che non mi hai detto, che nessuno voleva dire e forse ha solo pensato. Chi ha litigato con chi, chi ha avuto da ridire con cosa, cosa è successo per colpa di chi. Mi perdo un attimo quei due squinternati nell'estate 2009, poi ci si parla ancora, casa di Erica mi apre le sue porte, ancora una volta; ed io non dimentico. Forse proprio per quest'attitudine mi sono sempre trovato così bene con questi due ragazzacci, innamorati furiosi, smielosamente litigiosi, fatti l'uno per l'altra in ogni momento, occasione, circostanza. Mi ritrovo ad un'ora imprecisata a dormire sul divano ma c'è qualcuno che mi tira addosso cartacce e cartucce, e tutto è a posto nuovamente, questa è l'unica cosa che conta.L'ultima performance prematrimoniale.Dany me la regala a Travedona, tre settimane fa. Vogliamo andare a dormire presto, Erica ha messo in piedi il suo solito personalissimo show, ci siamo piegati dal ridere, stonati dall'alcol, dal salame, dalle mille parole velenose in un lampo, e Dany che prova a contenere quella furia di concetti.... Erica che sorride, ride, Dany che la riprende, per poi lasciarle ancora spazio... quanto equilibrio, quanta armonia hanno trovato; rimaniamo in piedi oltre ogni aspettativa, come sempre; questa volta però non ci buttiamo giù dalla discesa con la bici e non giochiamo a baseball con la frutta. Siamo cresciutelli ormai. Dany, ti rendi conto che fra tre settimane ti sposi?Un cavallo bianco, uno scambio di anelli, un battito di ciglia.E venne il grande giorno. Da chiudere in bellezza, con un sms alle due del mattino "Orgoglioso di esserci stato". Più nulla da aggiungere.
Se a volte sono troppo mieloso, è perchè in fondo in fondo a quella strana utopia con la A maiuscola ci credo ancora. Grazie ragazzi, e congratulazioni ancora.
Non E' Un Film
C'è un marasma di gente, allenatori, dirigenti e bambini che corrono avanti e indietro mentre sul campo si svolgono, a ritmo serratissimo, quattro partite alla volta. Il torneo per noi è già finito, per fortuna, dobbiamo solo tornare in campo all'una e mezza per il saluto finale. I bambini sono ingestibili da una decina di minuti, più o meno da quando il loro inimitabile Mister si è presentato con un panino al salame; minchia si sono scatenati. Corrono avanti e indietro tra le tribune e gli spogliatoi del NaviglioTrezzano, manca poco all'ingresso in campo, cerco di radunarli ma è impossibile, è un tripudio di cocacole, patatine e salamelle; poi, quando tutto sembra tornato a posto, arriva Franci, detto Sushi, con uno strano panino in mano e la faccia di uno che sta per scoppiare a piangere. Lo fermo vicino alla rete e lo affronto col mio solito fare burbero: Franci, cosa c'è? Cos'haaaaaai cosa c'èèèèèè ancoraaaaa?, e lui bofonchia qualcosa, ma non capisco, mio padre, io... il panino, mi ha preso questo stupido panino, e io intanto guardo e vedo un panino tagliato, ma non vedo niente dentro, mi ha preso il panino vuoto perchè dice che non devo mangiare le schifezze, gli dico di non arrabbiarsi, di non piangere, lui risponde che gli bruciano soltanto un po' gli occhi, quanta dignità, quanta malinconia nelle parole di questo bambino di dieci anni costretto ad essere diverso ad ogni costo... quante battaglie in questi tre anni con i suoi genitori, che l'hanno sempre messo sotto pressione senza curarsi dei suoi gusti, i suoi sogni, i suoi desideri... i miei genitori devono capire che io sono carnivoro, se non fosse amarissima e spaccacuore farebbe perfino ridere come affermazione... e qui mi perdo un attimo, perchè ho una mandria di dieci sciamannati da raggruppare, e mi maledico per essermi perso, perchè mi sarei dovuto soltanto precipitare al bar e comprare un panino al salame da regalargli, soltanto per il gusto di farlo sentire come gli altri per una cazzo di volta... una soltanto (Sushi è l'unico dei centoventi bambini della scuola calcio dell'US Orione che fa la doccia con la cuffietta per non bagnarsi i capelli, tanto per intenderci sul concetto di diversità/uguaglianza).Torno in campo, ma non riesco a seguire le parole di questo tizio che parla del valore dello sport; sono angosciato, ossessionato, non riesco a distogliere lo sguardo dal povero Sushi; parlotta con i suoi compagni, c'è il portiere che si lamenta perchè suo padre, un armadio di quasi due metri, giocatore di football americano, gli ha fregato mezzo panino alla salamella, poi l'ha mandato a comprarne un altro e gliene ha di nuovo mangiato metà: tutti ridono ovviamente, tranne Sushi, che di nuovo polemizza, meglio un padre che ti frega un panino di uno che ti fa mangiare solo il pane senza niente... e questo non è un film, non è Incompreso o L'attimo fuggente, io sono qui sotto il cielo di Trezzano, squagliato dal caldo, devastato da questa piccola tragedia che ai più è passata inosservata; ne parlo col mio dirigente, che scuote la testa in tono di disapprovazione. Cerco di sorridere, mi sforzo il più possibile anche perchè nel frattempo è arrivato il momento dei saluti dopo quattro anni passati insieme, e dei regali; sempre ben graditi, soprattutto le foto, da tirare fuori nei momenti no.Baci abbracci saluti di rito. Mi metto a dormire dopo pranzo, che stanotte erano le tre (il nome TommyBoy vi dice qualcosa?) e stamattina la sveglia ha tuonato alle otto. Ma è un sonno agitato, seguito da un risveglio inquieto. Breathing serve ancora a qualcosa, anzi a tanto. Maledizione.
Gymno
L'ansia della domenica sera. Erik Satie in sottofondo, tanto per centuplicare le sensazioni. Sono uscito dalla residenza Morosonica e una folata d'aria fresca mi ha pizzicato per un istante; allora ho rallentato il passo per arrivare alla macchina, per godermi quel neon violaceo davanti al cielo blu elettrico. Sto attento alle pozzanghere, sorrido alle gocce di pioggia, una volta avevo l'ansia dell'ansia della domenica sera. Perchè l'angoscia esistenziale della settimana che finisce, per tanto tempo, non l'ho sentita come gli altri; semplicemente non ce l'avevo. Non ne rimaneva in me che un ricordo sempiterno, inconscio, indelebile. Le settimane si sono susseguite, per molto, troppo tempo, ed io non sapevo che fare delle mie domeniche sere; restavo ore immobile a fissare il ponte, le macchine che scorrevano, i disperati in attesa di un tram. E stavo... non come adesso.Non mi arrabbio mentre un pazzo mi supera insensatamente sulla destra; percorro con andatura sincopata via Inganni, quasi andassi a ritmo con Gymnopedie del sovracitato Satie. Arrivo a casa e, incredibilmente, ho del tempo da spendere. Per me. Senza ansia. Senza delusioni. Senza pensieri autodistruttivi. Nonostante questa suonata malinconica e la pioggerellina battente. Qui la Morosona c'entra qualcosa, mi sa.