venerdì, novembre 28, 2008
Il mal di schiena che non mi abbandona, Vincent che sparisce, la morosa che dorme nel mio letto e mi chiede cinque minutini ancora, una giornata persa inseguendo una Tachipirinha Sunrise e una doppia Aspirina con ghiaccio, la finale della Talpa che un tempo era il mio reality preferito (e caro Teo non dirmi che non ti ricordi le imprese di Karim dentro la bara trasparente!!!), il Bbilan che pareggia al novantaduesimo che rovina l'atmosfera di festa... C'è molto di più, in effetti, in questa fine di novembre insolitamente poco malinconica: verrà il momento per buttarsi giù? Non credo. Festeggerò anniversari su anniversari nel giro di una settimana, mi terrò stretta la persona che domina i miei pensieri, cercherò di ricaricare il telefono e chiamare la Sylvie che davvero si meriterebbe qualcosa di più da parte mia (sigh, le mie solite lacrime da coccodrillo). Certo che però se TommyBoy non torna per Natale mi metto a piangere.
giovedì, novembre 27, 2008
Meritocrazia.
D'altra parte ha ragione Mourinho quando dice che "non ci meritiamo di andare a Brema con la tranquillità della qualificazione". E non è banale nemmeno quando constata che "arrivare secondi non è poi un male", visto che arrivando primi potremmo trovare agli ottavi il Real, il Chelsea o il Liverpool (sic standibus rebus, con un turno ancora da giocare). E quindi, Mourinho conferma di avere sempre e costantemente ragione. Purchè non si stia parlando di calcio giocato, ovviamente.
martedì, novembre 25, 2008
Cronache Di Un Sabato Mai Vissuto.
Diciotto anni non bastano. Sei colpevole e devi scontarli, ma non bastano. Hai tempo per pensare a ciò che hai fatto, ma non possono bastare. Puoi uscire dopo diciotto anni di prigione, ma l'omicidio ti resta addosso. Che sensazione, parlare con un assassino e non saperlo. Quest'uomo di fronte a me, al quale ho chiesto "scusi, permesso", è uscito di galera da due settimane dopo diciotto anni. Sembrano volare in un attimo, a pensarci. Era il 1990, e un secondo dopo eccoci qua. Io, lui, il suo giaccone, il suo modo di fare brutto anche ordinando un CubaLibre. Continuo a non darmi pace, possibile che questa sia la realtà? Siamo circondati e martellati da migliaia, anzi miliardi di stimoli finti, e poi il contatto con la vita vera fa quest'effetto. Non te lo scollerai mai di dosso, non se ne andrà mai. Omicidio. Assume un'altro valore questa parola che avremo sentito migliaia di volte senza mai scomporci più di tanto. Omicidio. Diciotto anni.
"Scusi, permesso?"
"Prego, prego scusami tu."
"Grazie."
"Scusi, permesso?"
"Prego, prego scusami tu."
"Grazie."
lunedì, novembre 24, 2008
sabato, novembre 22, 2008
La Push.
Un centesimo di credito nel telefono, la Sylvie povera lei che non riesce a contattarmi (mea grandissima culpa!), la chiamata di domani per parlare di Twilight con Vincent, i dialoghi surreali che ogni tanto fanno capolino. Domani sera, se Mourinho non schiererà Burdisso, farò un salto al Dundy per la fantomatica serata "hAuse". Ma come sarebbe bello partire per La Push Beach.
giovedì, novembre 20, 2008
Sì, Vabbè, Auguri All'AleGranny.
Una conversazione notturna che ha lasciato qualche fastidio, la Silvye mancata per un pelo, Jodie ed il mio dannato cellulare che impazzisce, l'incontro con la SoCiA in piazza Diaz (AH AH AH!) e quel kebab che non sono ancora riuscito a digerire. Vado a rifugiarmi ancora un po': sempre fra le sue braccia, ovviamente. Dieci giorni ancora, e poi un felice bilancio. E' passato tanto tempo, ma è davvero volato. L'Anima Scalza mi guardò, rimase per un attimo stupita, poi corse via come nulla fosse accaduto. Quel momento non è mai finito.
giovedì, novembre 13, 2008
Lo Si Rovina.
"Si rovina un ragazzino nel modo più sicuro, se gli si insegna a considerare il pensare allo stesso modo più alto del pensare in un altro modo". (F. Nietzsche)
Trovando questa citazione pochi minuti fa, ho subito ripensato all'episodio di quel mio bambinetto che mi diceva di non sprecare l'acqua perchè il telegiornale l'aveva informato dell'emergenza idrica. Io l'avevo redarguito perchè secondo me non doveva credere a tutto ciò che gli veniva propinato dai mass media.
Pensare allo stesso modo, pensare in un altro modo. Già.
Trovando questa citazione pochi minuti fa, ho subito ripensato all'episodio di quel mio bambinetto che mi diceva di non sprecare l'acqua perchè il telegiornale l'aveva informato dell'emergenza idrica. Io l'avevo redarguito perchè secondo me non doveva credere a tutto ciò che gli veniva propinato dai mass media.
Pensare allo stesso modo, pensare in un altro modo. Già.
mercoledì, novembre 12, 2008
martedì, novembre 11, 2008
JuniorMissaglia - Orione 0-3
La regola dice che quando si è troppo sconvolti non bisogna scrivere. E' una regola che ho sempre rispettato per proteggere me stesso e chi mi sta vicino. E' una regola giusta.
L'unica volta che accadde, non lo scorderò mai, fu nel dicembre del '94. L'annata calcistica era cominciata in maniera del tutto inaspettata: i medici mi avevano consigliato tre mesi di pausa dall'attività a causa del fastidioso morbo di Osgood-Slutter, che mi aveva colpito a marzo e dopo sei mesi non ne voleva sapere di svanire. Mi presentai al primo allenamento quasi per caso, sicuro del fatto che non sarei riuscito a correre. Invece sostenni l'intera seduta senza sentire dolore. Passarono i giorni ed il male era scomparso. Giocai la prima partita da titolare, in una squadra nuova, con un mister nuovo che mi dava una fiducia incredibile pur senza conoscermi: in un colpo solo, alla prima partita, numero dieci sulle spalle e gol su punizione. Non capivo.
Arrivarono una serie di vittorie perentorie. Si vinceva e basta. Un brutto passo falso sul campo del Leone XIII, ma poi ancora di corsa a vincere su tutti i campi. Scontro diretto contro il Peschiera Borromeo, al vertice insieme a noi, e sconfitta di misura in trasferta: 1-0 ma campionato tutto da decidere. Davanti a noi l'ultima giornata del girone di andata, e con l'anno nuovo il girone di ritorno.
In quella domenica di dicembre si andava dunque a giocare contro la (lo?) JuniorMissaglia. Squadretta di bassa classifica senza troppe pretese. Quel giorno successe qualcosa di strano. Entrai in spogliatoio ed il clima era tranquillo. Certo mi faceva strano essere così in ritardo: l'arbitro sarebbe arrivato a breve per la chiama, ed io ero appena arrivato! Mi vestii in fretta e furia, la maglietta rossa con il numero dieci era lì appoggiata all'unico posto libero sulla panca. La indossai ed uscii di corsa. A quel punto sentii una voce che mi chiamava. Quella voce pronunciò poche parole. Indimenticabili e, in senso positivo, scioccanti.
Vincemmo 3-0, e per la prima volta dall'inizio dell'anno fui sostituito. Avvenne alla fine del primo tempo, dopo tredici giornate in cui ero partito sempre titolare senza mai essere sostituito. Il mister si premurò di spiegarmi che siccome stavamo vincendo, ed eravamo vicino Natale, era giusto dare spazio anche ad altri. Al mio posto entrò il buon Ringhio, che in effetti meritava un premio per la sua assiduità negli allenamenti.
Anche se quella del Natale, in fondo, era soltanto una scusa. Quelle parole prima del riscaldamento mi avevano completamente disorientato, impedendomi così di affrontare la partita con la giusta concentrazione. Probabilmente giocai di merda, ma non mi ricordo un granchè. Ricordo soltanto quel gesto, la maglia rossa appoggiata, il discorso del mister con quella spiegazione non dovuta.
Oggi quella voce dovrebbe ripetere quelle stesse parole. Ma in cuor mio spero non accada. Ne soffrirei troppo, come soffro ripensando a questo episodio. Mi tengo la mia parte di ragione e di innocenza. Qualcosa è successo, domenica sera, proprio come quella mattina lontana, dicembre '94. Oggi come allora, cerco di non farmi troppe domande e mi tengo ciò che ne è conseguito. La corsa dalla morosa con lo stomaco ribaltato e la testa che pulsava, la birretta (anzi le due birrozze) nel peggior bar di Baggio, l'incapacità di raccontare, di trasmettere ciò che era successo. Gli sguardi di aiuto e di conforto. Mi tengo tutto questo. Una sola parola in più potrebbe distruggermi.
Per fortuna non è arrivata.
L'unica volta che accadde, non lo scorderò mai, fu nel dicembre del '94. L'annata calcistica era cominciata in maniera del tutto inaspettata: i medici mi avevano consigliato tre mesi di pausa dall'attività a causa del fastidioso morbo di Osgood-Slutter, che mi aveva colpito a marzo e dopo sei mesi non ne voleva sapere di svanire. Mi presentai al primo allenamento quasi per caso, sicuro del fatto che non sarei riuscito a correre. Invece sostenni l'intera seduta senza sentire dolore. Passarono i giorni ed il male era scomparso. Giocai la prima partita da titolare, in una squadra nuova, con un mister nuovo che mi dava una fiducia incredibile pur senza conoscermi: in un colpo solo, alla prima partita, numero dieci sulle spalle e gol su punizione. Non capivo.
Arrivarono una serie di vittorie perentorie. Si vinceva e basta. Un brutto passo falso sul campo del Leone XIII, ma poi ancora di corsa a vincere su tutti i campi. Scontro diretto contro il Peschiera Borromeo, al vertice insieme a noi, e sconfitta di misura in trasferta: 1-0 ma campionato tutto da decidere. Davanti a noi l'ultima giornata del girone di andata, e con l'anno nuovo il girone di ritorno.
In quella domenica di dicembre si andava dunque a giocare contro la (lo?) JuniorMissaglia. Squadretta di bassa classifica senza troppe pretese. Quel giorno successe qualcosa di strano. Entrai in spogliatoio ed il clima era tranquillo. Certo mi faceva strano essere così in ritardo: l'arbitro sarebbe arrivato a breve per la chiama, ed io ero appena arrivato! Mi vestii in fretta e furia, la maglietta rossa con il numero dieci era lì appoggiata all'unico posto libero sulla panca. La indossai ed uscii di corsa. A quel punto sentii una voce che mi chiamava. Quella voce pronunciò poche parole. Indimenticabili e, in senso positivo, scioccanti.
Vincemmo 3-0, e per la prima volta dall'inizio dell'anno fui sostituito. Avvenne alla fine del primo tempo, dopo tredici giornate in cui ero partito sempre titolare senza mai essere sostituito. Il mister si premurò di spiegarmi che siccome stavamo vincendo, ed eravamo vicino Natale, era giusto dare spazio anche ad altri. Al mio posto entrò il buon Ringhio, che in effetti meritava un premio per la sua assiduità negli allenamenti.
Anche se quella del Natale, in fondo, era soltanto una scusa. Quelle parole prima del riscaldamento mi avevano completamente disorientato, impedendomi così di affrontare la partita con la giusta concentrazione. Probabilmente giocai di merda, ma non mi ricordo un granchè. Ricordo soltanto quel gesto, la maglia rossa appoggiata, il discorso del mister con quella spiegazione non dovuta.
Oggi quella voce dovrebbe ripetere quelle stesse parole. Ma in cuor mio spero non accada. Ne soffrirei troppo, come soffro ripensando a questo episodio. Mi tengo la mia parte di ragione e di innocenza. Qualcosa è successo, domenica sera, proprio come quella mattina lontana, dicembre '94. Oggi come allora, cerco di non farmi troppe domande e mi tengo ciò che ne è conseguito. La corsa dalla morosa con lo stomaco ribaltato e la testa che pulsava, la birretta (anzi le due birrozze) nel peggior bar di Baggio, l'incapacità di raccontare, di trasmettere ciò che era successo. Gli sguardi di aiuto e di conforto. Mi tengo tutto questo. Una sola parola in più potrebbe distruggermi.
Per fortuna non è arrivata.
sabato, novembre 08, 2008
mercoledì, novembre 05, 2008
338 Is The Magic Number
Vado a letto alle due di notte con poche certezze, anzi forse soltanto una: Burdisso è la più merda delle merde e ha fatto fare all'Inter una figuraccia planetaria. Di Obama e del vecchio John non si può sapere niente. C'è l'Ohio in bilico, il Kentucky rimane repubblicano ma tutto è incerto, vago. Spulcio un po' il corriere e ci trovo una profezia che mi rimane in mente. Il guru di Bush si dichiara certo della vittoria del nigga, e scende nel dettaglio, attribuendo a Obama 338 grandi elettori. Vincerà qui, qui e qui, McCain resisterà qua, ma alla fine i numeri saranno questi. Mi metto a nanna dunque con questo numero, 338. Le percentuali, che si sono inseguite per mesi e mesi, non hanno mai voluto dire nulla, e nulla vorranno mai dire. Quel che contano sono i grandi elettori, e se il guru di Bush dice che Obama ne avrà 338, c'è da credergli. Sono le due di notte e soltanto dopo aver letto questa profezia comincio a credere nella vittoria del simpatico Barack (anche se in America lo accusano di essere un po' altezzoso e snob). Mi sveglio e come prima notizia leggo la benedizione del Papa: "Dio benedica Barack Obama". 338 grandi elettori.
Burdisso, Tornatene In Ohio.
Mio commento sul blog della Mary, il 4 novembre 2008 alle ore 1.08: "leggere tra i difensori il nome di nicolas burdisso mi fa venire un po' la pelle d'oca. QUELLO NON E' MANCO UN CALCIATORE!!!"
E come volevasi dimostrare... Burdisso vai a fare in culo brutta merda
E come volevasi dimostrare... Burdisso vai a fare in culo brutta merda
martedì, novembre 04, 2008
R.P.L.
La scoperta di Vincent, un mesetto fa, mi è apparsa subito come un avvenimento importante. Oggi ci siamo fermati a parlare di Invasion, Babel e cinema tormentato. Sabato ha detto che mi telefona. Troppe cose vanno a rilento, è vero, eppure qualcosa ogni tanto si muove...
lunedì, novembre 03, 2008
Obama Come Hamilton, Ha Paura Di Vincere.
Sempre il Corriere: "Dopo aver ricevuto l’endorsement di ben 240 giornali Usa (contro i 114 di McCain), Obama fa l’en plein anche tra i giornali universitari: 63 per lui, contro uno per McCain".
Ora facciamo un giochino semplice semplice: sostituite il nome Obama con "Berlusconi" e McCain con "Veltroni o chi per esso" (non è colpa mia se l'opposizione non ha un leader riconoscibile). Poi provate ad immaginare Fazio, Santoro, Floris e Gad Lerner che commentano questi numeri. Io dico che un po' mi viene da ridere.
Ora facciamo un giochino semplice semplice: sostituite il nome Obama con "Berlusconi" e McCain con "Veltroni o chi per esso" (non è colpa mia se l'opposizione non ha un leader riconoscibile). Poi provate ad immaginare Fazio, Santoro, Floris e Gad Lerner che commentano questi numeri. Io dico che un po' mi viene da ridere.
Il Calcio E' Crisi.
Arrivo all'Orion Square Garden Paradise alle due e cinque, il ritrovo era alle due ma siamo comunque in anticipo di una vita. Peccato che il cancello sia chiuso. Mi tocca scavalcare, ok, non è la prima volta e non sarà l'ultima, mi incastro con il faretto del cancello che mi graffia la coscia sinistra, non demordo, vado a prendere la borsa, la tiro di là, riscavalco e poi si va a giocare. Arriviamo in ritardo, giusto il tempo di dire i cinque titolari e tak, nel primo tempo prendiamo quattro papocchie. Alla fine saranno sette, certo ne abbiamo messe un paio anche noi ma non è abbastanza. Forse solo l'applauso dei genitori sugli spalti a fine gara mi ha rincuorato. Ho perso tante partite, da giocatore, da tifoso ed anche da allenatore: ma a volte, come oggi, lo ammetto, perdere è durissima. Il male alla coscia è passato, tutto il resto rimane.