BREATHING UNDERWATER

ultimo giro di bevute. il bar sta chiudendo, il sole se ne va. dove andiamo per colazione? non troppo lontano. sono stanco amore. sono stanco.

venerdì, gennaio 25, 2013

Triptico

Mi regalò un cd, una volta. Pieno del talento di grandi artisti come Ludovico Einaudi, Astor Piazzolla, Giovanni Allevi. Volli quel regalo, e lo amai. Devo avercelo ancora, qua da qualche parte, nella dannazione della mia stanza troppo densa di ricordi e tentazioni. Mi aveva fatto il cd per dimostrarmi qualcosa, più che per regalarmelo. Per farmi passare ore di strazio, non per allietare le mie giornate. Lo dico perchè lo so. Lo dico perchè poi c'ero io, quella sera a casa sua. Lei disse, vedi, io vorrei una stanza piena di cd di musica classica, capisci... e ascolterei sempre e solo questa musica tutto il giorno... si girò, mi guardò, ma non mi vide. Io ero lì, ma semplicemente non c'ero.

E invece sì cazzo, che c'ero. Tornando a casa, mi feci accompagnare per le viette dietro piazza Frattini dai Gotan Project. La revancha del tango, Triptico, Queremos paz, chettelodicoaffare.


I pensieri volarono. Tu non vuoi una parete di musica classica... Tu vuoi qualcuno che non sia me, amoremio. Io ora lo so, lo so per certo, e questo mi mette in una situazione di indubbio vantaggio. Stai pur certa che ne approfitterò.

E così accadde.

giovedì, gennaio 24, 2013

Ciao Wesley...

... e grazie di tutto.


giovedì, gennaio 10, 2013

Ah Ma Qui Ci Si Diverte


A Proposito Di Affordance

"Non dimenticarti di quello che hai fatto l'altra mattina. Ti sei messo in gioco, eri da solo, nessuno ti aveva chiesto di farlo, e di tua spontanea volontà hai affrontato una tua piccola insicurezza e l'hai sconfitta. Che si tratti di un viaggio in macchina nella nebbia, di una vasca da lavare o di una spremuta d'arancia (o di una pastiglia da mandare giù, direbbe il Bagninazzo), io so che posso contare su di te in ogni momento... perchè anche se in un modo goffo e magari poco convenzionale... tu raggiungerai l'obiettivo, come hai sempre fatto."

Ci sono oggetti parlanti, dice Maurizio Ferraris, e oggetti che invece risultano "opachi", in quanto il loro utilizzo ci appare inizialmente oscuro. La capacità di un oggetto di contenere in sè il proprio significato è definita con la parola inglese "affordance". Tu vedi un martello, e capisci subito a cosa serve e come si usa. Vedi una sedia, e ti ci siedi. Gli uomini sono abituati all'opacità della parola, ma non a quella degli oggetti. Quando non riusciamo a "capire" un oggetto, quando quest'oggetto non ci comunica nulla, le reazioni sono solitamente di due tipi; i bambini, e i paranoici, pensano ad un complotto, ad una rivolta delle cose. Gli adulti invece generalmente se la prendono con se stessi.

Ed è proprio a questo punto, che arrivo io. Non ci sono oggetti parlanti, nel mio quotidiano. Soltanto misteriosi attrezzi che sfuggono al mio controllo, all'intuizione, alla manualità. Niente esiste, ai miei occhi, a livello di utilizzo immediato, insito nell'oggetto; la parola affordance non significa nulla -è una parola opaca! Fammi cercare un barattolo di zucchero, dimmi che è di fianco ai fornelli, sulla destra, appena dietro al cavo del tostapane, vicino al cesto della frutta secca, ed io non lo troverò comunque. La mia è una specie di cecità al cambiamento, però perenne. La cecità al cambiamento è stata sperimentata in varie candid camera. Un tizio, con in mano una cartina stradale, ferma un passante per chiedergli informazioni. Mentre il passante comincia a spiegare, e gesticolare, passano due complici che trasportano un quadro. I due complici passano, insieme al quadro, in mezzo ai due che parlano. A questo punto, il primo tizio si nasconde dietro al quadro, scappa via e viene sostituito da un'altra persona (che inizialmente trasportava il quadro). Nella maggior parte dei casi, il passante non si rende conto dello scambio di persona e continua a dare tranquillamente indicazioni, parlando ad una persona completamente diversa! La mia è una perenne cecità al cambiamento, combinata ad una malsana dose di insicurezza, notevole ripudio per ciò che è nuovo e sconosciuto, spasmodica ricerca della perfezione, e soprattutto un'inossidabile, ossessiva, auto-distruttiva, incommensurabile paura di sbagliare.

Come dicevo oggi al telefono alla Sisterona, se in una normale attività parti da zero e devi arrivare a cento... bè io devo fare cento già solo per partire da zero: la situazione è insostenibile. Ma è davvero possibile, pensabile, fermarsi ed accontentarsi? Il Bagninazzo mi scuote al telefono (Meravijosa, Sisterona, Bagnino... ho avuto davvero bisogno d'aiuto, oggi!), abbandonare la disputa non è da te, non te lo sognare nemmeno. Affronterai questa nuova avventura con il tuo stile impeccabile ed originale. Questo è ciò che sei, ricordo il ritorno a casa alle tre di notte col furgone, ogni volta che ho avuto bisogno ci sei stato; e ci sarai ancora.

Ma davvero non si può ridurre tutto in quattro parole; lo sforzo mentale di questo "giorno di prova" è stato immane ed estenuante, e l'effetto non decresce. Si fa anzi più amara, di ora in ora, la consapevolezza che alcune turbe, come mi ha detto la Sisterona, non passeranno mai completamente; devi provare a limitarle il più possibile. Chiudo la giornata con un grido d'aiuto, con un piagnisteo, con una resa incondizionata. A parole, posso ancora permettermelo.

mercoledì, gennaio 09, 2013

Al Di Là Del Risultato.

Mancano dodici secondi alla fine del primo periodo, anzi del primo drittel, come ama dire Silvietto; c'è un ingaggio in zona d'attacco, siamo sotto 3-0, mi giro verso la Meravijosa e il Parisien e sentenzio: facciamo gol adesso, e la riapriamo. Sguardi perplessi. Giuly guarda, guarda che adesso la mettiamo e riapriamo la partita. Il Parisien ride, è alla sua prima partita di hockey, è agitato, eccitato, incuriosito ed attratto da quei bei maschioni che si spintonano e se le danno senza tregua. La Meravija è tesa, quando il Milano perde è sempre una brutta serata, io cerco di raddrizzarla improvvisandomi veggente. E' come quando chiudi la prima vendita alle due del pomeriggio, hai presente? Sei disperato di essere a quota zero... ma poi magari ti entra un cazzo di russo alle sei del pomeriggio e ti lascia cinquemila euro così come niente fosse... bisogna sempre crederci! Anche la Meravija sorride, nel frattempo mi distraggo un secondo, vinciamo l'ingaggio, mancano cinque secondi, disco a Kinasewich, bel canadesone biondocchiazzurri (il nostro allenatore si chiama Adolf, ndr), il disco è dentro, è gol, è gol, è gol è gol è gol, 1-3 saltiamo tutti in piedi, la Meravija mi punta il dito contro: L'AVEVI DETTO CAZZO, L'HAI CHIAMATO! L'HAI CHIAMATO! Andiamo a prenderci una birra va'. 

La partita scorre tra mille emozioni. Inizia il secondo drittel, è un assedio, traversa incredibile di Degon (che non è veneto ma americano), mi sbilancio nuovamente: Parisien, è maturo. Ora lo facciamo, è maturo. Meno di trenta secondi dopo, siamo ancora in piedi ad abbracciarci; 2-3, ancora Kinasewich, c'è tutto il tempo per recuperare, loro sono cotti e noi siamo arrembanti. Bisogna crederci.

Intanto cantiamo. E beviamo birra. Il Parisien è carico, rovescia mezza birra, gliene verso un po' della mia e lui la rovescia ancora. La Meravija soffre insieme a BigLuciano, quando improvvisamente Lutz dalla difesa lancia Marcellino Borghi sull'ala destra, disco in mezzo e tripletta di Kinasewich. Il boato che parte dalla curva investe l'Agorà, è un delirio, te l'avevo detto cazzo, te l'avevo detto che non era finita!, ora aspettiamo il russo che si compra mezzo negozio! E sono sorsate di birra e abbracci e cori d'incitamento. La Meravija insulta l'arbitro che cade da solo, in men che non si dica siamo ancora sotto, 3-4, ma recuperiamo nuovamente con il mio nuovo idolo Matt Ryan. Da quando l'abbiamo incontrato alle due di notte, a Capodanno, lo guardo con occhi diversi. Sarà che si è allungato per stringermi la mano, attraverso il finestrino, e mi ha sorriso mentre gli gridavo, da un metro di distanza, RAIAAAAAAN IU AR NAMBER UAAAAAAAAN! Sarà che è stato il primo giocatore ad avermi impressionato quest'anno, alla prima amichevole a metà settembre. Sarà quel che sarà, ci godiamo questa partita dall'esito incerto.

Il terzo periodo inizia male, nuovamente. Siamo meno arrembanti, certamente più stanchi di loro, e andiamo sotto un'altra volta: 4-5 ma non è mai finita, l'Asiago non ha ancora fatto i conti con Ryan Kinasewich, canadese di St. Albert, origini croate, compleanno un giorno prima del mio, sguardo furbo, mani d'oro, pattinata plastica, è poker personale, siamo 5-5. Il Parisien è più cotto dei giocatori in campo, BigLuciano se ne va, e con lui le speranze di portare a casa i tre punti. Lo sforzo profuso nel continuo rincorrere si fa sentire e scontro dopo scontro, ingaggio dopo ingaggio, cediamo il campo. In men che non si dica siamo sotto di due gol, provo a rincuorare il neo-tifoso rossoblu al mio fianco, non ti preoccupare, nulla è impossibile... è come un pullman di giapponesi che parcheggia di fronte al tuo negozio... entrano alle sei del pomeriggio e in un'ora ti lasciano giù quindicimila euro! Ma niente può più accadere. I ragazzi vengono caldamente applauditi durante il giro di campo finale, salutano, chiamo Ryan che risponde all'applauso e mi fa l'occhiolino, il bello di questi campioni è che rimangono chiaramente umili, come se si stupissero di tanto affetto. Mentre usciamo, sconfitti a testa alta, ridiamo e scherziamo, e dal palazzo si sentono le voci dei ragazzi in curva, che non smettono di cantare "ti seguo sempre, anche se perdi sempre, ti seguo sempre anche se perdi sempre non fa niente!". Lo spirito è quello giusto.

Se solo, ogni tanto, fossi capace di credere in me stesso così caparbiamente.



























(Matt Ryan, l'uomo dell'occhiolino a fine partita, viene abbracciato dall'altro mio idolo assoluto, Jordan Knackstedt)

lunedì, gennaio 07, 2013

We Are Happy To Know That You Like Our Music.

"Hello !
thank you for your message :)
We will do a lyrics page on our website soon as you are not the first one to ask
have a nice weekend !!!

Cheers,

--
We Are Knights
http://www.weareknights.fr/"

No vabbè, la pubblico perchè a volte può sembrare che io dica cose così a caso, tipo che il vero nome di Omar di Erika&Omar non è veramente Omar. Cioè, mi capite no. Io parlo parlo e racconto tante cazzate. Ma i We Are Knights mi hanno proprio risposto; e Omar si chiama Mauro. Che poi i We Are Knights mi hanno riscritto stasera - nella persona di JeanMarc- dichiarandosi felici che io apprezzi la loro musica. Sono piccole soddisfazioni.

domenica, gennaio 06, 2013

In Debito Da Sempre

Stare male così non ha senso. Provo a farmi trascinare dai We Are Knights e la loro splendida Tears, che non si capisce una parola ed allora gli ho scritto tramite il sito chiedendo le lyrics e loro mi hanno risposto stamattina dicendo che inseriranno a breve sul sito una sezione dedicata perchè non sono il primo a chiedere i testi. Bene. La domenica a casa è sempre problematica, l'F.C. Internazionale ha perso malamente ed il resto della serie A non offre nessuno spunto. Tanto non resisterei comunque sul divano davanti alla tv, nonostante i cuscini nuovi, i bei colori, la Minou che richiede continuamente coccole. Niente, sto male anche se so che non ha senso. E' paura, è soltanto questo, è un deglutire continuo, in un piccolo strazio incontrollabile, che non vuole abbandonarmi se non per poche ore. I pensieri, le paure, l'incertezza, le incomprensibili parole di Tears che sparo in repeat fino alla nausea, questa è la mia domenica pomeriggio, così azzurra, improvvisamente calda, maledettamente malinconica, nervosa e snervante. Sono migliorate tante cose, grazie all'Esomeprazolo. Tantissime, ne sono strafelice e mi sento rinato (ora il primo boccone del BigMac va giù che è un piacere). Ma sento che sto per vomitare. Sta per succedere ancora. Perchè le pastiglie curano l'esofago, non questo cervello in debito di sicurezza da sempre. Questo non si cura. Ci sto provando, ci stiamo provando insieme, i miglioramenti sono sotto gli occhi delle persone che contano, ma per me non è mai abbastanza. Prima di arrivare al palazzo, sentirò le braccia molli e l'imminente conato. Poi mi asciugherò gli occhi ed aspetterò la Meravijosa. Finchè sarai al mio fianco, io non mi arrenderò. Tears mi culla dolcemente in questo pomeriggio di ansia, la sconfitta è un piatto che assaporo lentamente (altrimenti non la digerisco); per rinascere non c'è mai tempo, ma questa volta devo trovarlo; devo solo chiudere gli occhi e fidarmi. Fidarmi di me, per una buona volta. Tears.

IDOLI


Nessuno Saprebbe Rispondere

Un mese dopo di me, è il turno di Danielina. L'epilogo è scontato, sesto rinnovo, proprio come me, la Betta, la Sciannolona e chissà quanti altri. Facebook parla chiaro, non c'erano speranze e non ci sono stati miracoli. A casa. La chiamo, non risponde, mi richiama dopo un giorno. Carletto scusami stavo guidando, la voce vispa, nasale, si accende a tratti, mi mostro dispiaciuto perchè è così che mi sento; auguro il meglio ai miei ex colleghi ma sappiamo tutti come andrà a finire per molti. Non c'è molto da spiegare, nessuno chiede, anche perchè nessuno saprebbe rispondere. Torno a riconsegnare il badge lunedì, ma guarda... l'ultimo mese è stato bestiale, senza voi tre, e con Teodoro che faceva turni diversi dai miei, lavorare è stato impossibile. Poi conclude: pazienza. Già. Riaggancio. Sì, pazienza. E' passato un mese ormai. E a volte mi sembra ancora il 21 marzo 2011. Prima di cominciare. Prima di tutto. Prima della Meravijosa, prima di capire, prima di un infinità di avventure, battiti di ciglia, lacrime e prese di coscienza. Fa strano pensarci adesso. Rimangono, a fine serata, poche semplici parole: senza di voi, questo mese è stato impossibile lavorare. Chi lo sa. Proviamo a ripartire da qui. Proviamoci Joe, ti prego.

giovedì, gennaio 03, 2013

Lo Devi A Lei

Incontro la GemellaAllegra qui sotto casa, è di corsa, agitata, felice, sorridente. E' appena diventata zia. Sei contenta, eh! Guarda Joe non puoi capire è una gioia immensa... finalmente... abbiamo chiuso un cerchio guarda da questo momento cambia tutto. Ridiamo insieme. Le voglio bene, in fondo. Non ci si vede, non ci si frequenta, ma ci si conosce abbastanza. Il quartiere è così. Quando le due GemelleDiverse si trasferirono qui più di quindici anni fa ormai, provocarono un piccolo polverone. Alte, sfrontate, curiose. Una, la GemellaBella, di carnagione olivastra, occhi verdi, prorompente ma menosa a livelli imbarazzanti. L'altra più solare, certamente meno carina ma più di compagnia, allegra anche se a tratti malinconica. Orfane di padre, catturarono da subito la mia attenzione, e quella di Dylan, che a tredici anni eravamo dei gran babbacchioni ma qualcosa l'avevamo capita. Poi col tempo si cresce, ci si perde, ci si incrocia un paio di volte all'anno. Restano alcuni ricordi fumosi, lontani, quasi sempre ridicoli -o toccanti. Posso ben dire, alla fine, di non conoscere le Gemelle. Ma nel profondo, so perfettamente cosa voglia dire quell' "abbiamo chiuso un cerchio".

Cinque giorni dopo, è il turno di Amy.
E qui il cerchio da chiudere è un po' più complesso. Non riesco a spiegarlo, non riuscirei nemmeno provandoci con tutto me stesso. Piango mentre aspetto la notizia, piango quando la ricevo, piango quando finalmente il neo-papà mi risponde via mail.
Tommy, cazzo, ho voglia di parlarti al telefono così piangiamo un po' insieme. 
Ora ti mando una foto così vedi quanto è bella... io me ne sono innamorato!
Vorrei dire che lo capisco, ma mentirei. Mi faccio travolgere dall'emozione, e piango a dirotto mentre siamo in coda per i biglietti al cinema. La Meravijosa mi stringe forte, poi spiega in due parole la situazione al Niki che sembra piuttosto confuso. Mentre la Meravija mi abbraccia, il_Niki mi appoggia una mano sulla schiena, ma io non riesco a fare ordine nella testa, è tutto troppo... troppo. Tommyboy, Amy è nata, lo stesso Tommyboy di mille racconti pazzeschi è appena diventato papà. Ed allora la mente è un fiume in piena, la pista dei cavalli, i viaggi infiniti sulla 95, i ritorni a casa in perenne ritardo, anche di ore, ed il cellulare che squilla in continuazione; i panini preparati da mia mamma, da portare in Cambusa altrimenti stava digiuno per giorni interi; le notti a dormire da lui, il cd dell'amicizia, i primi giorni a scuola da compagni di banco e gli ultimi, sei anni dopo, chiusi nel bagno, cercando di non pensare a niente, affrontando il disastro a testa alta, sperando in un futuro migliore senza riuscire a crederci troppo. Tommyboy, continuo a ripetermi, ce l'ha fatta. Questa è un'emozione inspiegabile. La Meravijosa ieri notte ha sentenziato: tu domani scrivi su quel cazzo di blog. Lo devi a te, lo devi a tante persone, ma cazzo se anche questo non ti smuove, lo devi ad Amy. Devi tornare a scrivere, eccheccazzo.

Amy.
Amy è nata.
Ed io non riesco ancora, nonostante gli sforzi, a fare un po' d'ordine mentalmente. E' tutto troppo... troppo. Amy. Questo sì che è un cerchio che si chiude.

Te la ricordi Tommy, quella volta che tuo padre mi telefonò dal tuo cellulare?