"E' tutta la settimana - dice Firmani - che mi ripeto: Gabriele mi farà segnare. E' un'emozione grande, la giornata più bella della mia vita. Un momento così non lo rivivrò mai più. E’ stato difficile giocare con questo clima surreale, il ricordo di Gabriele è troppo vicino"
"La notte l'ho passata nell'insonnia, come sempre mi accade dopo la partita. Ho pensato e ripensato all'accaduto, mai potrò segnare un gol bello e importante come questo. Neanche al derby! Voglio regalare la maglia a Cristiano, il fratello di Gabriele. Ero certo che avrei segnato. Lo avevo detto anche a Lorenzo De Silvestri".
Firmani ha parlato di una partita particolare, in cui è riuscito "ad andare oltre": "Ho vissuto la partita in trance agonistica", ha raccontato, "era come se fossi ispirato dall'alto. Con Delio Rossi ci siamo abbracciati. In certi momenti le parole non contano. Il silenzio sugli spalti? Non me ne sono accorto. A noi l'affetto dei nostri sostenitori non è mai venuto a mancare negli ultimi tre anni. Per me l'Olimpico era pieno come contro il Real ed il Brema. Il silenzio era irreale, ma io lo stadio lo sentivo caldo".
L'amico Krepa scriveva il 7 febbraio 2007:
Non sarei ciò che sono, nel bene e nel male, se non avessi giocato a calcio. Le emozioni che mi ha dato, lo avrò già dette mille volte, sono uniche. Solo uno spogliatoio ti dà certe regole, certi discorsi, certe emozioni. Alcune docce in cui devi tirare fuori te stesso, i tuoi problemi. Quegli infortuni da cui lotti per tornare in campo, quegli allenamenti duri che alla fine ti fanno star bene. La neve, il fango, il caldo e sempre lì. Pantaloncini corti, felpe, abbinamenti scandalosi. Amici e litigi per un fallo, un fuori. Ma poi alla fine è sempre un abbraccio. Come dopo quei goal che ti hanno segnato la vita. Il primo che feci alla mia prima partita, con mio nonno là in tribuna. Il goal di Joe e l'abbraccio a Dany che aveva perso il padre in settimana ma era lì e tutti intorno a dirgli che c'eravamo. La spontaneità di quel gesto mi fa ancora venire da piangere. Il primo goal a Muggiano, in un periodo difficile e la lettera che mi scrisse Dade, anche qui lacrime. Il boato al goal di Yuri ai playoff 2004, a Cisliano, ragazzi che roba. Nulla come quello di Dino l'anno scorso, che ci ha mandato ai playoff e successivamente in seconda categoria. Ho sentito scoppiarmi il petto dalla gioia. Un'emozione pari solo al rigore decisivo di Grosso... ma più forte... Mi ha dato amici veri.
Qualche settimana fa, vedendo Firmani esultare dopo il gol contro il Parma, ho ripensato a quanto mi era accaduto qualche anno fa, quando ancora ero un calciatore (e che calciatore). Era l'inizio del 2001. Per Dani, un nostro compagno di squadra, era un momento terribile. Dopo una lunga malattia perse il padre: per noi fu ovviamente un po' difficile stargli vicino, perchè in certe situazioni davvero si può fare poco. Ma ci provammo, come sempre, con grande cuore. Fare i cazzoni durante gli allenamenti cercando di tirarlo in mezzo era l'unica via per alleviare un po' la sua sofferenza interiore: la vita andava avanti e noi dovevamo essere il traino per un ragazzo che tra calcio, birra e divertimenti, era a tutti gli effetti un amico. Era uno di noi.
La domenica successiva alla scomparsa del padre di Dani andammo a giocare verso Brescia. Trasfertona impegnativa, e Dani che si aggrega al gruppo perchè in certi casi esserci è sempre un bene. Prima della partita, tutti con un laccio nero intorno al braccio. Il clima era già particolare. Si entra in campo e prima di cominciare a giocare si fa il minuto di silenzio. Quando l'arbitro fischia l'inizio della partita, mi accorgo che una lacrima mi è scesa. Il silenzio ed il freddo non avevano ghiacciato i pensieri. Era bello dover cominciare a correre e faticare: era quasi come partecipare ad un rito che scacciasse il male, o perlomeno ce lo facesse dimenticare.
Ed alla mezz'ora circa del primo tempo, successe qualcosa che non dimenticherò mai.
C'è un lancio lungo ed io sono, stranamente, l'uomo più avanzato della mia squadra insieme al centravanti. Il loro ultimo difensore, pressato dal nostro attaccante, sbaglia il retropassaggio e fa rimpallare il pallone contro il portiere, giunto al limite dell'area. Mi avvento fulmineo sul pallone e con un piattone comodo comodo infilo la palla in rete. E' questione di un centesimo di secondo, vedo la rete che si gonfia e comincio a correre più veloce che posso.
Vado verso la panchina, là dov'è seduto Dani, lo indico e gli faccio segno che il gol è dedicato a lui. Si alza, e chiaramente tutti i compagni, da ogni angolo del campo, stanno accorrendo lì in panchina per abbracciarlo. Dani viene sommerso dall'abbraccio, sono secondi lunghissimi e intensi come non mai, quando torno dentro al campo ancora una volta mi sento le guance bagnate dalle lacrime. E' successo tutto in un secondo. Il portiere, il piattone, la corsa folle, i compagni che hanno fatto sentire il loro affetto in un gesto grandissimo e spontaneo. Segnare quel gol è stata per me la più grande gioia calcistica. Niente mai supererà quel momento, questo è sicuro. Ho segnato io ma in realtà quel gol era di tutta la squadra: chiunque avrebbe compiuto quell'esultanza, chiunque avrebbe fatto quello scatto folle per andare verso Dani. Fu un momento semplicemente fantastico, e quando ci ripenso davvero ringrazio Dio di avermelo fatto vivere. Per molto tempo mi sono chiesto come mai quella gioia tanto grande fosse capitata a me. Ovviamente non c'è risposta, ma so che quel gol rimarrà per sempre nella testa e nel cuore di molti. Vedere l'esultanza di Firmani, che è andato a correre dopo il gol verso il ritratto di Gabriele Sandri, mi ha ricordato quei momenti e quelle sensazioni. Emozioni praticamente indescrivibili.
Non avevo mai voluto parlare di questa storia sul blog, sebbene sia una delle pagine più belle della mia vita -ovviamente non solo calcistica. Ho deciso di tirarla fuori invece, proprio dopo aver letto le dichiarazioni di Firmani. Anch'io, come lui, passai quella notte insonne rivivendo gli attimi dopo il gol un miliardo di volte. Dico sempre che il calcio è molto più che uno sport, essendo invece l'insieme delle vicende personali dei ventidue in campo, più la panchina, più i tifosi, più le società, più le città di appartenenza e via dicendo. Quando penso ai miei compagni di squadra che, seguendomi, corrono all'impazzata verso la panchina, so che allora è tutto vero. Il calcio non sarebbe davvero niente senza quelle vicende personali. Ed invece, a volte il calcio è davvero tutto.
Mi piacerebbe un giorno poter tornare a dedicare un gol a qualcuno.
Anche perchè una piccola dedica da fare, effettivamente, ce l'avrei già.