Zoncolan.
Il cilcismo, in fondo, non riesco più davvero ad amarlo -così come non riesco più ad amare l'Inter come un tempo- ma nemmeno ad odiarlo. Quando inizia il Giro, mi riprometto sempre di non guardarne neanche una tappa: ma poi la tentazione è irresistibile, ed alla fine le scalate come quella di ieri risultano commoventi.
Ma è una sensazione che nasce e finisce lì, non dura. Forse per il sospetto-certezza che gli atleti siano tutti incredibilmente dopati, ed allora non vince mai il più forte ma il più fortunato (o il più furbo). O forse non è quello. Forse è perchè manca qualcuno. Manca lui.
La mia mente lo vede apparire ogni tanto lungo i tornanti più difficili, con la bandana gialla da buttare a terra come segnale di battaglia. Quando Pantani buttava la bandana, ragazzi, non ce n'era più per nessuno. Ieri vedevo le facce distrutte dalla fatica di Simoni, Cunego, e soci... li vedevo farsi strada tra la folla in delirio, con la gente che incitava ogni singolo atleta, perchè puoi tifare per un corridore ma intanto incitare il suo avversario diretto. E su quelle stradine di montagna, continuavo però a vedere lui, da solo, con la rabbia in volto, pronto a dare minuti su minuti a tutti quanti. E poi come un flash lo immagino da solo in una stanza anonima, mentre cerca di scacciare i fantasmi inalandosi la morte.
Ed allora mi commuovo, e forse piango, e succede ogni volta che guardo una tappa come quelle di ieri; una tappa fatta di fatica, di gesti eroici, di fughe che si interrompono a due chilometri dal traguardo, di tifosi che spronano ed incitano quei poveracci che si sono impiantati e manca ancora metà salita... per poi concentrarsi sul gruppetto che arriva dopo, e poi quello dopo ancora, in un amore vorticoso e senza fine per il ciclismo, per i corridori... cosa non dev'essere stare lì sul ciglio della strada nel punto più duro... Ricordo quando il Giro lo vinse Chioccioli, avevo solo dieci anni ma vedere la maglia rosa dal vivo mi rese euforico... in fin dei conti davanti a certe immagini non si può che tornare bambini: allora, ammiro questi miei eroi lasciando da parte ogni pensiero razionale. Voglio fidarmi ancora di loro, voglio credere nella loro fatica, voglio rispettare la loro sofferenza. Voglio crederci, e voglio emozionarmi come quando avevo dieci anni, o come quando ne avevo diciassette e Pantani ci regalò Giro e Tour. Voglio credere ancora un po' in questi eroi così "sbagliati". Lo voglio, e forse non posso fare altrimenti.
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